Pensiamo a un grande evento come le Olimpiadi. Sappiamo tutti che i vari brand, disposti a pagare fior di quattrini, gareggiano tra loro per diventarne gli sponsor ufficiali. Supponiamo, a questo punto, che un marchio si intrufoli tra questi in modo abusivo, per sfruttare l’impatto mediatico dell’evento senza spendere denaro. Ecco, questa forma di marketing parassita è detta ambush marketing. Il termine, traducibile con marketing da imboscata, è l’associazione indebita di un marchio ad un evento mediatico, ossia quando lo stesso non appartiene agli sponsor ufficiali.
L’obiettivo del marketing d’agguato è quello di indirizzare verso il proprio marchio l’attenzione del pubblico senza sostenere i costi necessari per essere autorizzati a farlo. Ma non solo: mira anche a distogliere il consumatore dalla concorrenza. Tutto ciò crea uno squilibrio tra l’investimento pubblicitario sostenuto dallo sponsor ufficiale e il relativo ritorno mediatico, piuttosto difficile da arginare.
L’avvocato Carlo Rombolà, esperto di diritto sportivo, ci spiega nel dettaglio cos’è l’ambush marketing da un punto di vista legale.
Cos’è l’ambush marketing: definizione del fenomeno
Che cos’è l’ambush marketing?
È una sorta di agganciamento parassitario ad una determinata manifestazione (sportiva e non) da parte di un soggetto commerciale estraneo all’organizzazione dell’evento, che quindi non ha sostenuto alcun esborso per la sponsorizzazione dello stesso.
La Rule 40
Questo fenomeno si verifica soprattutto durante le manifestazioni sportive. Da esperto di diritto sportivo, Lei ha dato un importante contributo alla Rule 40 della Carta Olimpica. Ci spiega di cosa tratta e quando è stata promulgata l’originaria?
La Rule 40 della Carta Olimpica fissa entro limiti rigorosi l’uso del nome e dell’immagine dei partecipanti ai Giochi Olimpici nei 9 giorni precedenti la manifestazione. Inoltre fa sì che le uniche campagne consentite incentrate sugli atleti siano quelle delle aziende autorizzate dal Comitato Esecutivo del CIO (Comitato Olimpico Internazionale). Tutti gli altri sponsor dovranno sottoporre il proprio marketing all’approvazione delle Autorità Olimpiche, con tempistiche vincolanti e restrizioni persino sui termini utilizzabili nelle réclames. L’obiettivo principale della norma è tutelare gli sponsor ufficiali dal pericolo dell’ambush marketing, fattispecie giuridica complessa e sfaccettata.
La prima stesura della Carta Olimpica, una sorta di Costituzione del movimento sportivo internazionale, risale al 1899. In quest’anno, il barone Pierre de Coubertin, pedagogista francese, scrisse alcune regole che servirono da canovaccio per il più corposo Annuaire du Comité International Olympique (1908). Nel 1978 si arrivò alla moderna denominazione di Carta Olimpica, e a partire da quel momento la norma ha subito numerose modifiche anche recenti. L’ultima stesura, che consta di 110 pagine e 61 articoli, risale al 2 agosto 2015, ed è disponibile sul sito ufficiale dei Giochi Olimpici.
Efficacia della Rule 40
La Rule 40 è stata emendata nel 2016 in occasione dei Giochi di Rio. Cos’è cambiato da allora ad oggi? Tale emendamento si dimostra essere efficace a contrastare l’ambush marketing oppure no?
Lo sfruttamento parassitario da parte di un’impresa di un evento sportivo può avere diversi protagonisti. In alcuni casi è l’azienda stessa che costruisce, all’esterno degli impianti sportivi, un segno tangibile della propria presenza. In questo modo instaura nel pubblico l’idea di essere lo sponsor ufficiale dell’evento e beneficia di un’enorme pubblicità gratuita. In altre circostanze, la casistica in materia di ambush marketing ha consegnato agli annali episodi anche più singolari: gli ambusher, infatti, riescono a penetrare all’interno degli impianti con i propri gadgets per mezzo di tifosi ignari di contribuire alla messa in atto di una condotta abusiva.
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Il ruolo degli atleti
Accanto alle aziende e ai soggetti inconsapevoli, esiste un terzo caso che vede protagonisti gli atleti. Questi, pur osservando le clausole dei contratti che li legano ai propri sponsor, si rendono responsabili di comportamenti confliggenti con gli interessi di altri marchi ufficiali. Sulle prime, l’ipotesi non era stata presa in considerazione dal CIO, che aveva sempre giudicato prevalenti gli interessi degli sponsor degli atleti rispetto a quelli della competizione, fra i quali si era auspicata una rispettosa convivenza, pur non disciplinata da regolamentazioni sportive.
In seguito, il CIO si accorse che il problema stava assumendo dimensioni serie, soprattutto in considerazione del proliferare degli strumenti di comunicazione che gli atleti utilizzavano. Si giunse così all’introduzione della Rule 40, prescrizione dal chiaro intento limitativo degli effetti di un uso indiscriminato dei social network, nati come mezzo di svago ma divenuti veri e propri strumenti di lavoro e autopromozione.
A questo proposito, vale la pena soffermarsi sulle premesse del documento informativo distribuito ai partecipanti dei Giochi di Rio (2016), secondo cui la Rule 40 è stata introdotta per:
- proteggere l’immagine etica dei Giochi Olimpici, prevenendo la sovraesposizione dell’evento alla commercializzazione;
- favorire la concentrazione degli atleti affinché possano offrire la migliore prestazione possibile;
- preservare le fonti di finanziamento della manifestazione, anche in considerazione del fatto che il 90% dei ricavi generati dal CIO (per un totale approssimativo di 3,25 milioni di dollari al giorno), viene ridistribuito a vantaggio dell’intero movimento sportivo.
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Ambush marketing sulla rete
Esistono casi di ambush marketing sul web? Se venisse intaccato il nostro business, in che modo potremmo difenderci?
Rispondere a questa domanda è tutt’altro che semplice, perché le nuove tecnologie consentono ai comportamenti illegali di proliferare e mutare la propria forma in modi difficilmente prevedibili. Osando una previsione, potrei rispondere che sì, è possibile che sul web esistano casi di agganciamento parassitario ad un evento di particolare importanza da parte di aziende spregiudicate e scaltre. Azzardando un paragone, si potrebbe dire che l’ambush marketing assomigli molto ad una fake news, poiché come questa ha l’obiettivo di ingenerare nell’utente una falsa convinzione, in questo caso commerciale. Il dovere delle Autorità competenti, ma anche di noi destinatari del messaggio, è quello di informarsi e individuare i media che forniscono una corretta informazione con notizie certe e verificate.
Pro e contro dell’ambush marketing
Quali sono i pro e i contro di questa strategia di marketing?
Il vantaggio principale è quello di ottenere visibilità con spese esigue, spesso riscuotendo lo stesso successo degli sponsor ufficiali. L’ambush marketing inoltre stimola la competizione tra brand, i quali si ritrovano costretti a inventare continuamente nuove campagne promozionali che risultino originali e coinvolgenti. Il ricorso al marketing parassitario risulta essere particolarmente vincente nel caso del lancio di startup o aziende prive di grandi risorse economiche, impossibilitate dunque a partecipare agli eventi più seguiti.
Tuttavia, esistono degli svantaggi. In primis, a causa degli abusivi, la partecipazione ufficiale agli eventi non potrà che diminuire. E di conseguenza, senza nessuno che le finanzi, gli organizzatori saranno costretti ad annullare le manifestazioni. Ma non solo: attuando una condotta indebita, la propria credibilità verrà messa a dura prova. Non per niente l’ambush marketing è definito un’imboscata!
Le 3 forme di Ambush Marketing
Questo tipo di marketing può definirsi diretto, indiretto e accidentale. Vediamolo nel dettaglio.
Ambush Marketing Diretto
In questo tipo di marketing, un’azienda tenta di associarsi a spazi acquistati o sponsorizzati da altri, o ad appropriarsi di proprietà intellettuali protette, come il logo di un evento.
Esempio: Bavaria vs Budweiser
Ai mondiali di calcio 2010, durante la partita Danimarca – Olanda, il brand di birra olandese Bavaria ha distribuito completi in arancio a trentasei modelle, richiamando il proprio marchio, a discapito della Budwaiser, birra ufficiale del torneo.
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Ambush Marketing Indiretto
Consiste nello sfruttamento dell’attenzione mediatica esistente, attivando delle strategie promozionali fisicamente vicine ma indipendenti e non relazionate con il grande evento in atto.
Esempio: Samsung e Apple
Samsung e Apple hanno lanciato nell’ottobre del 2011, rispettivamente, il Galaxy S II e l’iPhone 4S. In quell’occasione Samsung ha approfittato degli accampamenti di acquirenti che si creano solitamente fuori dagli Apple Store e vi ha installato a fianco dei negozi temporanei, in cui il nuovo smartphone della casa sudcoreana veniva venduto per 2 $ invece che per gli 850 previsti da listino.
Ambush Marketing Accidentale
Quest’ultima strategia di marketing non è cercata da un marchio, il quale però per qualche motivo conquista fortuitamente una posizione di rilievo.
Esempio: Nike vs Reebok
È il caso tipico dei marchi indossati da un atleta famoso: tutti si ricordano gli scarpini dorati Nike di Michael Johnson di Atlanta 1996, sebbene lo sponsor ufficiale fosse Reebok.
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Esempi di ambush marketing
Olimpiadi 1984 e Kodak
Il marketing d’agguato è iniziato nel 1984 durante le Olimpiadi di Los Angeles. Poiché si trattava dei primi Giochi a non ricevere più finanziamenti pubblici, gli organizzatori cominciarono a offrire contratti di sponsorship esclusivi ad alcune aziende. In quell’occasione, fu scelta come sponsor ufficiale l’azienda Fuji. Tuttavia, sfruttando una strategia di marketing non convenzionale, il competitor Kodak acquistò parecchi spazi pubblicitari in TV che furono trasmessi durante l’evento. Risultato? Kodak passò alla storia mediatica come sponsor delle Olimpiadi, pur non essendo così.
Rona e Apple
Rona, azienda di prodotti per la ristrutturazione eco friendly, sfruttò a proprio vantaggio la notorietà di un colosso tra i brand. Essa posizionò il proprio manifesto pubblicitario sotto quello di Apple che lanciava i nuovi IPod Nani monocromatici. Per sottolineare la novità del colore, i dispositivi colavano la pittura come se fossero stati dipinti. L’idea brillante di Rona fu quella di giustapporre la propria pubblicità sotto a quella della Apple, dove erano raffigurati dei secchi che idealmente raccoglievano la pittura dal cartellone superiore. In questo modo riuscì a pubblicizzare il proprio servizio di riciclaggio, con lo slogan “Noi recuperiamo gli avanzi della pittura“.
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Studentessa di Digital Marketing e laureata in Comunicazione. Piuttosto curiosa e sempre in movimento, mi piace sperimentare i nuovi mestieri digitali.
Argomento poco conosciuto, ma decisamente interessante. Certo che leggendo gli esempi riportati nell’articolo viene voglia di fare il tifo per gli ambush marketers ;-)
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Molto interessante!
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Mi ha incuriosito subito, perché non ne avevo mai sentito parlare. Grazie, ottimo articolo!
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Non ne avevo mai sentito parlare, ottimo articolo e molto chiaro nella spiegazione!
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Molto interessante!
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