Il Bounce Rate è una tra le metriche più rilevanti per misurare ed analizzare il traffico che arriva su un sito web. Per definizione il Bounce Rate è, infatti, la percentuale di utenti che, una volta giunti su un sito, lo abbandonano dopo aver visualizzato una singola pagina (detta di destinazione). In altre parole, misura quanti visitatori lasciano una pagina senza effettuare ulteriori azioni prima di andarsene.
Se ti stai approcciando agli Analytics di Google potresti esserti imbattuto in questo valore e probabilmente ti sarai chiesto come interpretarlo; al contrario, se vanti già una certa dimestichezza con la piattaforma e vuoi migliorare la tua strategia di digital marketing, potresti essere interessato a capire come ridurlo.
Il Bounce Rate di un sito web andrebbe regolarmente monitorato: può indicarti se e quanto le persone ne apprezzano il contenuto e, di conseguenza, aiutarti ad aumentare la loro permanenza. Spesso il voler mantenere i visitatori il più a lungo possibile sulle proprie pagine si trasforma in un chiodo fisso; ci si convince che un “rate” alto sia automaticamente sinonimo di una pessima performance. Credimi se ti dico che il Bounce Rate è una delle metriche più fraintese. Pensa solo al fatto che, ancora oggi, molti ne sono ossessionati perché lo considerano un fattore di ranking di Google… Ma non lo è!
Un ulteriore elemento di confusione è dato dalla differenza tra la percentuale di rimbalzo e di uscita (Exit Rate). Se la prima mostra quanto spesso una pagina è stata l’unica presa in considerazione in quanto il visitatore ha abbandonato poco dopo, la seconda indica il numero di volte in cui quella pagina è stata l’ultima ad essere visualizzata dagli utenti durante la loro sessione di navigazione.
Seppur all’apparenza simili, il valore delle due metriche su una stessa pagina potrebbe essere molto diverso. Immagina un Bounce Rate basso e un Exit Rate alto: quale tipo di pagina restituirà questo risultato? Per esempio, quelle relative al Contattaci o in cui è presente un form da compilare. Le persone per lo più vi giungeranno non cliccando un risultato nel motore di ricerca, bensì entrando sul sito web ed esplorandolo; una volta trovata la pagina desiderata o riempito il modulo, la maggior parte di loro uscirà.
Come hai intuito, il Bounce Rate è un concetto ambiguo. Non disperare, attraverso questo articolo ti aiuterò a fare maggiore chiarezza e ti fornirò le conoscenze e gli strumenti per analizzare ed interpretare nel modo giusto questa metrica, così da sfruttarne appieno le potenzialità. Più nello specifico, ti illustrerò:
- il significato di Bounce Rate alto e quale dovrebbe essere il suo valore ottimale
- cosa influisce su un’elevato tasso di rimbalzo e i consigli per ridurlo
- gli strumenti per misurarlo.
Se, a lettura ultimata, scoprissi di voler approfondire le tecniche impiegate per monitorare l’andamento di un sito, la Certificazione Web Analytics Specialist potrebbe fare al caso tuo. Avrai modo di apprendere come raccogliere ed esaminare i dati statistici e impiegarli per elaborare strategie di business online volte a migliorare le performance delle tue pagine e la user experience.
Cosa si intende per Bounce Rate
Secondo la definizione ufficiale di Google, il Bounce Rate è la “percentuale di sessioni di una sola pagina, cioè sessioni in cui la persona ha lasciato il tuo sito dalla pagina d’ingresso senza interagirvi”.
Cosa vuol dire nella pratica? Se un utente approda sulla tua home page e l’abbandona senza aver eseguito altre azioni, sta “rimbalzando”, ovvero sta tornando indietro, alla pagina dei risultati del motore di ricerca (SERP) oppure sul sito web da cui partiva il link in uscita. A livello di Google Analytics, invece, significa che, a rimbalzo effettuato, il server registrerà una sola richiesta, quella che gli addetti ai lavori chiamano “hit”, cioè il caricamento della pagina stessa.
La formula del Bounce Rate, anche noto come frequenza di rimbalzo, non è altro che il rapporto tra il numero dei rimbalzi, ovvero le sessioni costituite da una sola pagina, e il numero totale delle sessioni. Se un sito, ad esempio, riporta una percentuale di rimbalzo del 40%, implica che, di 100 ipotetiche sessioni prese in considerazione, in 40 casi l’utente ha fatto un rimbalzo.
Può accadere che il tempo di rimbalzo non stia sempre a significare quello che si pensi. Se un utente entra sul tuo sito e non fa nulla se non uscire poco dopo, non sottintende che non abbia letto niente; magari ha subito trovato quello che stava cercando oppure, anche se il tuo contenuto non ha pienamente soddisfatto le sue esigenze, non per questo non l’abbia visionato ed apprezzato.
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Qual è un buon Bounce Rate
Saper interpretare il Bounce Rate ti consentirà di acquisire tutte le best practice per ottimizzare lo stato di salute del tuo sito e aiutarti a convertire i tuoi “bounce” in qualcosa di positivo. Come primo step, quindi, è importante che tu conosca il significato di Bounce Rate alto. Esistono due tipologie di rimbalzo, alta e bassa. Se è elevata, denota che la durata della sessione si è limitata ad una sola pagina, quella per l’appunto in cui l’utente è atterrato, ed è stata di pochi secondi; è probabile che, in seguito al rimbalzo, egli sia tornato ai risultati di Google per visionarne i successivi o per perfezionare la sua ricerca. Dall’altro lato, una percentuale bassa significa che le persone si sono attardate su un sito web, proseguendone la navigazione e compiendo diverse azioni (click, commenti, iscrizione alla newsletter, compilazione di form, etc).
A questo punto sono certa ti sia sorta spontanea una domanda: quanto dovrebbe essere la frequenza di rimbalzo? E, soprattutto, possiamo considerarlo un valore assoluto? La verità è che non esiste una percentuale ideale, dipende da molteplici fattori: dal tipo di sito web, di utenti che lo visitano, dalla funzione della singola pagina e dal contenuto che offri. Consideriamo, per esempio, l’home page di un E-commerce: il tasso di rimbalzo dovrebbe esser di valore contenuto perché si presuppone che le persone esplorino altre pagine, s’iscrivano, mettano i prodotti nel carrello, effettuino un acquisto e così via. Anche un Bounce Rate troppo basso potrebbe essere un campanello d’allarme: errori tecnici sul sito, problemi nella misurazione dei dati o nell’installazione di Google Analytics.
Il team di RocketFuel ha comunque provato ad individuare un Bounce Rate ideale. Dal loro studio traspare che la maggior parte dei siti presi in considerazione presenta un bounce compreso tra il 26-70%. Un Bounce Rate ottimale, afferma l’azienda di Memphis, dovrebbe assestarsi tra il 26-40%. Quando, allora, è necessario preoccuparsi? Se fosse al 70%, dunque un parametro molto alto, potrebbe indicare la presenza di seri problemi.
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Cosa influisce sul Bounce Rate
Come avrai intuito, il Bounce Rate può diventare una fonte di preoccupazione non indifferente. Il più delle volte i bounce vengono considerati segnali negativi; si dà subito per scontato che il contenuto non sia riuscito a catturare l’interesse dell’utente. Tuttavia un rate alto non è necessariamente sinonimo di una pessima performance. Anzi, posso assicurarti che sono numerosi i motivi per cui devi aspettarti un’alta percentuale di rimbalzo.
Considera i siti one page (costituiti da una pagina, alcuni blog ad esempio) oppure quelli in cui sono previste sessioni di una singola pagina: la metrica sarà altissima! È un dato allarmante? Assolutamente no. Rifletti sulla modalità con cui fruisci questa tipologia di contenuti, pensa a come utilizzi Wikipedia: digiti la tua richiesta su Google, clicchi su un risultato, ne scansioni le informazioni di cui hai bisogno ed esci, alias effettui un rimbalzo. In questo caso il suo valore elevato segnala che l’utente ha trovato esattamente quello che ha domandato al motore di ricerca.
Non dimenticare che non tutte le piattaforme di analisi misurano ed interpretano il tasso di rimbalzo allo stesso modo, quindi non farti trarre in inganno. Studia le funzionalità di ognuna e, soprattutto, niente panico!
In altre circostanze, invece, risulta necessario intervenire. In quali casi? Se gestisci un sito web che presuppone una navigazione al suo interno ma noti un rate alto significa che qualcosa non sta andando nel verso giusto. Per mantenere bassa la percentuale di rimbalzo è necessario chiedersi: quali sono le cause che ne alzano il valore? In primis call to action inefficaci e poco visibili, bottoni che non funzionano, link interrotti, popup e pubblicità invasivi. Una struttura del sito caotica e non facilmente usabile danneggia la user experience, come d’altronde anche un lungo tempo di caricamento.
Non sottovalutare l’aspetto del sito: un design non ottimizzato per i dispositivi mobile, delle immagini che si caricano lentamente o, addirittura, fonte di distrazione non potranno che incidere in negativo sulla metrica. Un ulteriore motivo potrebbe essere la presenza di titoli, meta description e tag fuorvianti; tieni presente che agli utenti non piace atterrare su un contenuto diverso da quello che prevedono. Se sollevi in loro delle aspettative e poi, cliccando, non trovano ciò che hai promesso, perché dovrebbero soffermarsi sul tuo sito?
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Come migliorare il Bounce Rate
Come si può prevenire un alto Bounce Rate e migliorarlo? Quasi inutile dirlo, ma sempre bene ricordarlo, eliminando informazioni superflue o distrazioni inutili e pensando ad una grafica accattivante per il tuo sito. Imprescindibile è una buona organizzazione dei contenuti, meglio ancora se collegati tra loro da un filo conduttore (articoli correlati, link interni, etc.) che fornisca al visitatore uno storytelling coinvolgente capace di convincerlo a restare.
Un’ottima best practice è ridurre i tempi di caricamento e riuscire ad individuare nel modo più mirato possibile il tuo target di riferimento. Non dimenticare di pensare il tuo sito perché sia fruibile su altri device. Considera, infine, la possibilità di modificare o addirittura riscrivere contenuti che potrebbero aumentare la frequenza di rimbalzo; a lungo andare, avranno un effetto negativo sulla SEO del tuo sito, danneggiando la user experience.
Per monitorare il livello di rimbalzo vengono in tuo soccorso degli strumenti; il più utile è senza dubbio Google Analytics. Perché possa essere un tuo valido alleato, devi prima di tutto creare un account; in seguito clicca su “Pubblico” e seleziona “Panoramica”. La piattaforma ti offre la possibilità di analizzare il Bounce Rate in relazione a diversi parametri:
- alle pagine specifiche. Verifica quelle in cui le persone rimbalzano più spesso e quelle con i volumi di uscita più elevati; ti basterà andare su “Comportamento”, “Contenuti del sito” e fare click su “Tutte le pagine”.
- ai canali di traffico. Andando su “Acquisizione”, “Tutto il traffico”, “Sorgente/Mezzo” vedrai da dove arrivano gli utenti (ad esempio, da un motore di ricerca) e attraverso quale sorgente (ricerca organica, a pagamento, etc.) e, in relazione a ciò, esaminare come interagiscono sul sito.
- al tempo di permanenza e alla velocità del sito. Controlla regolarmente la velocità di caricamento delle pagine cliccando “Comportamento”, “Velocità del sito” e “Tempi pagine”. Alla voce “Suggerimenti velocità”, Google Analytics ti fornisce anche dei consigli per migliorarla.
Dopo aver esaminato i dati di Google Analytics, inizierai a progettare delle strategie per migliorare il tuo sito. Potrebbe esserti comodo provare le modifiche che vorresti apportare prima di implementarle definitivamente. A tal proposito arrivano in tuo soccorso gli A/B Test. Si creano due diverse versioni della stessa pagina e il flusso di utenti viene diviso a metà: ad una sarà mostrata la prima variante, all’altra la seconda. È a tutti gli effetti un test utile per determinare quale delle due versioni funziona meglio e, nel caso del Bounce Rate, quale mantiene i visitatori il più a lungo sul tuo sito web. È ovvio che, se ciò accade, maggiore sarà il tasso di conversione, ovvero la probabilità che le persone compiano l’obiettivo o l’azione che desideri.
Giunti a questo punto, avrai capito quanto una buona esperienza di navigazione condizioni il tasso di rimbalzo. Per questa ragione devi farne una tua priorità, rendendo la permanenza sul sito quanto più positiva e priva di intoppi. Non sarebbe grandioso poter seguire gli utenti mentre navigano tra le tue pagine? Sappi che esistono dei software che ti permettono di osservare cosa visualizzano e dove cliccano. Te ne cito un paio: Hotjar e Smartlook.
Si tratta di tool fondamentali se punti ad ottenere un’analisi qualitativa del sito. Per una pagina web che hai deciso di monitorare, mostrano le “Heat Map”, le mappe di calore, ovvero dove il visitatore clicca, muove il mouse e come si sposta. Puoi anche attivare dei pop-up, delle finestre nelle quali chiedere dei feedback a chi ha esplorato i tuoi contenuti. Infine, puoi realizzare delle Session Recording, ovvero registrare le persone mentre si trovano sul sito. Sì, hai capito bene; potrai rivedere questi filmati ed analizzare momento per momento l’intera sessione di navigazione.
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Conclusioni e consulenza gratuita
Attraverso questo articolo hai avuto modo di scoprire (o approfondire) le dinamiche che ruotano attorno al Bounce Rate. Dopo averne fornito una prima definizione, il passo successivo è stato indagare sul significato di percentuale di rimbalzo elevata, cosa la determina e com’è possibile ridurla. È stato naturale, a quel punto, chiedersi se esiste una frequenza di rimbalzo ideale e se è sempre un problema un valore elevato. Non esiste un valore ottimale e, se questo risultasse alto, non necessariamente è un male; dipende dalla tipologia e dalla funzione del sito o della pagina web, dagli utenti che vi atterrano e dai tuoi obiettivi.
Alla luce di ciò, ha molto più senso chiedersi: qual è un buon Bounce Rate per quella pagina specifica? E, di conseguenza, come lo monitoro? Per capirlo, hai a disposizione diversi strumenti: Google Analytics, gli A/B Test, i sistemi di recording… Questi tool permettono, restituendoti i dati sugli utenti e sulla loro navigazione, di mostrare le criticità e le cause che portano ad innalzare la metrica.
Per concludere, valuta caso per caso e non dimenticare di osservare i tuoi concorrenti; confrontarsi con i benchmark del tuo settore è sostanziale per migliorare la strategia.
Se non ti ritieni ancora un mago della web analytics e, almeno all’inizio, preferisci affidarti a dei professionisti, sappi che puoi rivolgerti a società di progettazione o sviluppo web. A questo proposito ti consiglio di contattare Digital Coach: il nostro team di esperti ti fornirà una dimostrazione gratuita di analisi e misurazione del Bounce Rate.
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Sono laureata in Storia e ho conseguito la laurea magistrale in Editoria, Comunicazione e Moda. Da tre anni lavoro nel campo dell’editoria occupandomi di ricerca iconografica. Ho intrapreso quest’avventura in Digital Coach con l’obiettivo di unire due mie grandi passioni: la scrittura e la produzione di contenuti per il web.
Consiglio a tutti la lettura di questo articolo davvero interessante che spiega in maniera esaustiva e chiara cos’è il Bounce Rate e quali sono gli strumenti per misurarlo.
Articolo molto interessante che approfondisce in modo davvero esaustivo la tematica del Bounce Rate. Sono riuscita a capire meglio come interpretare questa metrica e come gestirla nell’ottica di un’analisi web. Ottimo.