Benvenuti nell’era delle Digital HR! In questi anni, la rivoluzione digitale ha messo a dura prova le aziende e i loro modelli di business: la tecnologia non ha avuto impatti solo sui processi, ma ha soprattutto contribuito a sconvolgere i rapporti tra aziende e clienti a favore di questi ultimi e a creare nuovi modelli di business. Per la loro stessa sopravvivenza, quindi, le aziende devono non solo imparare ad adattarsi e reagire al cambiamento, ma soprattutto devono saperlo fare molto velocemente.
Di fronte a queste sfide, sono le persone il vero fattore critico di successo delle organizzazioni. Nella ricerca “Leaders 2020” pubblicata da Oxford Economics, e relativa ai fattori chiave di successo nella digital economy, emerge come le aziende cosiddette ‘Digital Winners‘ abbiano in comune:
- Executives con maggiori skills digitali, mentalità globale e capacità di prendere decisioni basate su dati oggettivi
- Forte cultura della leadership
- Dipendenti maggiormente motivati
- Strutture organizzative meno verticali e burocratizzate con delega decisionale ai team di progetto
- Programmi per la diffusione delle competenze digitali e tecnologiche a tutti i livelli dell’organizzazione
In questo contesto di Digital Transformation, le Risorse Umane sono chiamate ad assumere un ruolo cruciale. In particolare, devono focalizzarsi sul garantire le giuste professionalità, sul disegno di strutture organizzative agili ed efficienti e sulla diffusione della giusta cultura per attrarre i talenti e motivare i dipendenti. Vedremo tra poco come le Digital HR possono essere di supporto in questa missione decisamente complessa.
Cosa si intende con Digital HR?
Ammettiamolo: raramente nelle aziende la gestione delle Risorse Umane è stata promotrice di innovazione, anzi, è stata spesso accusata di essere troppo focalizzata su aspetti amministrativi e burocratici e, talvolta, di faticare a tenere il passo delle esigenze del business, apportando in definitiva un contributo modesto.
Abbiamo visto prima come il fattore umano sia fondamentale per traghettare l’azienda nel suo percorso di digital transformation. È quindi il momento giusto per le Risorse Umane per rinnovarsi e giocare un ruolo da protagonista nell’aiutare il business a compiere questa trasformazione. E questo non può prescindere dall’utilizzo di indicatori specifivi come i KPI Risorse Umane.
Nel perseguimento di questo obiettivo le Risorse Umane possono fare leva sulle Digital HR, un nuovo approccio che si basa sulla tecnologia (social, mobile, analytics e cloud) per ridisegnare completamente l’employer experience con l’obiettivo di:
- ridurre la complessità e la mole di informazioni e comunicazioni che i dipendenti gestiscono
- aumentare la produttività, ma anche la soddisfazione del lavoratore
- modificare il modo in cui le persone vengono selezionate, formate e motivate
Vediamo quali sono gli ambiti in cui le Digital HR possono portare il contributo più rilevante al processo di Digital Transformation.
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1. Coinvolgimento e motivazione delle persone
L’importanza del coinvolgimento parte dalla constatazione che al giorno d’oggi le persone – e questo è ancora più vero per i millenials – non sono motivate tanto o prevalentemente dal fattore economico quanto dal fatto di avere degli obiettivi e di poter godere di una certa autonomia nel perseguirli, dalle opportunità di crescita e sviluppo delle competenze, ma anche dalla prospettiva di lavorare in contesti flessibili, ricevere riconoscimento per il proprio lavoro e ottenere visibilità all’interno e all’esterno.
Le aziende si trovano quindi a competere le une con le altre non solo per attirare, ma anche per trattenere le risorse più preziose, tipicamente i profili che hanno competenze tecnologiche e digitali, la cui domanda sul mercato supera l’offerta, sulla base di caratteristiche ‘soft’ quali, ad es., la cultura aziendale, il tipo di leadership, il rapporto tra colleghi, l’organizzazione del lavoro, le opportunità di crescita e apprendimento, la mission e i valori, ecc.
In sintesi, le organizzazioni puntano a essere viste come ‘great place to work‘.
Ma quali caratteristiche deve avere un’azienda per qualificarsi come ‘great place to work’?
- prima di tutto, ascoltare costantemente il feedback della forza lavoro e le criticità che vengono evidenziate per poter intervenire tempestivamente
- avere leader in grado di ispirare e sviluppare il talento
- far sentire ai lavoratori di avere uno scopo e riconoscerne il lavoro
- garantire un buon grado di flessibilità e autonomia
- permettere alle persone di esprimere la propria creatività
- studiare percorsi di sviluppo delle competenze e crescita professionale, non necessariamente di tipo verticale
Al di là degli strumenti utilizzati per comunicare questa immagine verso l’esterno, quando sono motivati e soddisfatti, gli ambasciatori più credibili di questi messaggi verso il mondo esterno sono sicuramente i dipendenti.
Contributo delle Digital HR
Oggigiorno esistono strumenti che consentono di monitorare quasi in tempo reale il livello di coinvolgimento del personale, tuttavia esistono ancora molte aziende che non effettuano nessun tipo di monitoraggio o che lo fanno troppo poco frequentemente, p. es. su base annuale. Questo testimonia che, al di là degli strumenti, è necessario prima di tutto un cambio culturale a livello aziendale, a partire dal top management.
Un esempio di applicazione delle nuove Digital HR al Performance Management e quindi all’engagement delle persone è fornito da GE Power Italia che ha sostituito il sistema di valutazione annuale con un sistema di Performance Development che permette di far dialogare costantemente manager e collaboratori su temi quali:
- la crescita professionale del collaboratore,
- gli obiettivi di business dell’azienda
- la valutazione del manager da parte del collaboratore
Obiettivi annuali sono stati sostituiti da obiettivi di breve termine e la valutazione non avviene più sulla base di voti o punteggi, bensì sull’individuazione di ciò che il collaboratore deve continuare a fare vs ciò che deve valutare di cambiare. In qualsiasi momento, il dipendente può chiedere un feedback al suo capo diretto e anche ad altri colleghi. Anche se l’app (chiamata PD@GE) è l’elemento abilitante, il fattore di successo è la mentalità da ‘coach’ che essa è riuscita a diffondere nell’intera organizzazione.
2. Digital HR per il ridisegno della work experience
La diffusione della tecnologia, se da un lato ha portato indubbi vantaggi, dall’altro ha contribuito ad aumentare a dismisura la mole di informazioni che un lavoratore deve gestire, senza portare ad un aumento della produttività. Al contempo, anche le strutture organizzative stanno cambiando con la diffusione di reti di team e del lavoro per progetto a scapito della tradizionale divisone per funzioni.
E’ diventata quindi una necessità ridisegnare gli ambienti di lavoro e i processi in ottica di semplificazione in modo tale da incrementare la produttività e la soddisfazione permettendo alle persone di concentrarsi sulle attività che veramente portano valore aggiunto.
Il ruolo del design thinking nelle Digital HR
Nell’ambito del Digital HR è particolarmente rilevante la branca del design-thinking. Con questo termine si intende la capacità di disegnare ambienti e strumenti a supporto delle esigenze lavorative partendo dallo studio delle ‘personas‘, come si fa tradizionalmente nell’ambito del design di prodotti e servizi per i clienti.
Per approcciare con successo il disegno di app e tool occorre chiedersi quali caratteristiche queste devono avere per garantire la migliore user experience.
Esempi di attività ordinarie che possono essere rese più efficienti grazie a questo approccio sono la formazione, la fase di on-boarding di nuovi dipendenti, la gestione delle presenze, il piano ferie e le note spese.
Un esempio interessante relativo all’on-boarding è rappresentato da Telstra, società australiana di telecomunicazioni. Telstra assume migliaia di lavoratori l’anno, ma ha avuto spesso problemi di bassa motivazione e alto turnover dei neo assunti, probabilmente imputabile alla mole e complessità di informazioni da metabolizzare all’ingresso in azienda: dalla numerosità di prodotti, sistemi e piani tariffari alla cultura aziendale. Telstra si è avvalsa delle Digital HR e del design thinking per sviluppare un programma di onboarding di 90 giorni per tutti i dipendenti. Il progetto è stato determinante nel ridurre il tempo di integrazione dei neo assunti in azienda e aumentarne la soddisfazione.
I principali fattori di successo del progetto sono stati:
- l’accurata fasi iniziale di analisi basata su numerose interviste e focus group che ha consentito di mettere a fuoco le criticità e gli obiettivi
- l’adozione di un processo di sviluppo e test agile, basato su prototipi grezzi, per accelerare il processo di messa a punto del servizio dopo ogni ciclo di test
- l’utilizzo di strumenti di simulazione del nuovo percorso di on-boarding mirato a coinvolgere nel progetto i futuri sponsor del nuovo processo
3. Formazione
La rapida evoluzione della tecnologia e dei contesti di mercato ha reso più forte che mai l’esigenza di formare le persone, ma le tradizionali modalità di erogazione dei corsi, basate sulla presenza in aula o su approcci comunque statici e poco flessibili non sono più adeguati.
Viviamo in un’epoca in cui l’apprendimento non può più avvenire ‘una tantum’, bensì deve essere un processo continuo. Le persone devono essere messe in grado di provvedere in autonomia ai propri fabbisogni formativi, decidendo quando, come e dove accedere ai corsi, potendo scegliere tra fonti interne ed esterne all’azienda (ad es. corsi online come i MOOC, corsi on demand, ecc.).
Anche in questo ambito le Digital HR possono giocare un ruolo molto importante promuovendo lo sviluppo di nuovi modelli di erogazione della formazione così come di condivisione dei saperi e delle competenze tra colleghi.
Mastercard è un esempio di azienda che sta vivendo una profonda trasformazione: dal business delle carte di credito ad azienda tecnologica a tutto campo nel mondo dei pagamenti.
Contestualmente a questo cambiamento è nata l’esigenza di diffondere nell’organizzazione una mentalità più imprenditoriale, ma secondo Janice Burns, Chief Learning Officer, questo processo non può essere guidato e imposto dall’alto, bensì deve scaturire dall’adesione spontanea e convinta dei dipendenti. Ogni momento può diventare l’occasione giusta per apprendere.
Ma cosa fa in pratica l’azienda per stimolare questo processo?
- organizza laboratori di innovazione in cui i dipendenti possano fare brainstorming e scambiarsi idee
- facilita la formazione reciproca tra colleghi
- reverse mentoring, ovvero la pianificazione di occasioni formali di confronto tra junior e senior, con il reciproco impegno a condividere vicendevolmente le rispettive competenze.
- sviluppa piattaforme interne di social learning per favorire la propagazione di idee innovative.
Da queste iniziative sono scaturite p. es. nuove idee di business quali:
- l’introduzione di pagamenti contactless ai tornelli della metropolitana,
- l’acquisto e pagamento di prodotti, p. es. i profumi, direttamente dalla pubblicità presente all’interno delle app dei magazine
- il lancio di un particolare tipo di ‘benefit card’ che identifica il proprietario tramite impronte digitali e riconoscimento vocale per minimizzare il rischio di furti.
4. People Analytics
Un altro campo d’azione delle Digital HR sono i People Analytics, ovvero i sistemi che consentono di raccogliere e analizzare dati sui dipendenti (da fonti interne ed esterne) per sviluppare modelli predittivi e rispondere a domande quali:
- quali sono i fattori che attraggono i talenti verso l’azienda, consentono loro di avere performance brillanti e li convincono a rimanere?
- quali caratteristiche personali hanno le persone con la probabilità maggiore di diventare leader, venditori, innovatori, ecc. di successo?
- che profili sono maggiormente a rischio di andarsene o che genere di persone sono più inclini a violare le regole?
Sistemi di people analytics e valutazione del personale sono ormai molto diffusi sul mercato e anche inclusi nella maggior parte dei sistemi ERP aziendali, ma vediamo qualche esempio di utilizzo.
- Recruiting: Cisco, p.es., ha utilizzato sistemi di talent analytics per decidere se aprire o no una nuova sede in una determinata area della Cina.
L’area sembrava promettente dall’alto del suo bacino di 1 milione di laureati, ma un’analisi più accurata ha consentito di scoprire che a mala pena il 10% del bacino possedeva le competenze ricercate e ha consentito a Cisco di procedere alla ricerca di una diversa area prima di effettuare costosi investimenti.
In generale, Cisco utilizza la people analytics per supportare la propria rete di circa 200 selezionatori, a ricoprire, riducendo tempi e costi, le 10-15.000 posizioni che si aprono annualmente. - Produttività: alcune aziende, p.es., hanno analizzato le performance di vendita dei propri agenti e hanno scoperto che esse sono legate più alla loro rete di contatti e al tempo trascorso con i clienti che non agli anni di esperienza o alla quantità di formazione ricevuta. Un altro esempio di utilizzo è dato dall’analisi dei metadati delle email per determinare la causa della differenza di produttività tra le persone e individuare interventi correttivi (es. ridurre il numero di riunioni a cui i meno produttivi devono partecipare).
- Retention: i people analytics possono essere impiegati anche per capire, in base all’analisi dei profili personali su LinkedIn e altri social network, quali, tra le persone a più alto potenziale di un’azienda, sono maggiormente a rischio di andarsene.
Negli Stati Uniti, Nielsen ha fatto ricorso proprio ai people analytics per capire quali fossero le cause dietro l’aumento del numero di persone dimissionarie.
Usando un modello semplice, ma di rapida implementazione, sono riusciti p. es. a scoprire che i picchi di turnover non erano legati al genere o all’etnia, bensì all’anzianità. In particolare, il segmento dei neo-assunti con meno di 1 anno di anzianità era il più critico. L’analisi ha inoltre consentito di capire che un’ottima leva per convincere questo gruppo a rimanere in azienda era non solo la promozione ‘verticale’, ma anche l’offerta di opportunità di job rotation.
5. Recruiting ed Employer Branding
La selezione del personale va di pari passo con l’employer branding. Chi si occupa di recruiting all’interno delle aziende, infatti, oltre a stabilire un rapporto con i candidati online, deve anche imparare a sviluppare e curare la reputazione aziendale.
L’employer branding riguarda appunto l’immagine, i valori e la reputazione che un’azienda si costruisce come datore di lavoro. Analogamente al branding tradizionale, indirizzato ai clienti, anche l’employer branding è finalizzato a comunicare al mercato le caratteristiche che rendono la propria azienda diversa e più desiderabile dalle altre, ma lo fa da un punto di vista professionale e lavorativo. L’obiettivo finale è vincere la competizione per l’acquisizione dei talenti e riuscire a trattenere quelli già assunti.
Le Risorse Umane devono quindi adottare vere e proprie strategie di marketing per promuovere il brand ‘azienda’:
- individuando i canali di comunicazione più efficaci: dagli eventi offline (es. fiere, eventi, career day) alla stampa e fino ad arrivare al sito web e ai social media
- curando i contenuti, anche attraverso l’utilizzo di ‘ambasciatori del brand‘ individuati tra i dipendenti più convincenti e carismatici, che sicuramente risultano maggiormente credibili rispetto ai recruiters
- monitorando e gestendo la web reputation
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Anche la selezione de personale oggi richiede un approccio proattivo da parte delle Risorse Umane: anziché aspettare le risposte agli annunci occorre infatti intercettare i giusti candidati prima ancora che si offrano sul mercato. E per farlo occorre una solida conoscenza dei diversi social media (da LinkedIn a Twitter, da Instagram a Snapchat) e delle loro peculiarità per poter intercettare i diversi target con la giusta piattaforma e il linguaggio più appropriato. Il social media recruiting è uno degli strumenti più efficaci per trovare le persone in linea con le posizioni ricercate.
Un recente esempio dell’utilizzo di Snapchat è offerto da McDonald’s in Australia: ai candidati non è richiesto un cv, bensì uno snap da inviare al profilo snapchat dell’azienda.
Anche Twitter è diffuso tra le aziende come strumento di recruiting: sia Disney sia BNL hanno creato p.es. degli specifici account, rispettivamente @TWDCJobs e @ BNLJob, mentre altri, es. Accenture, pubblicano le posizioni aperte nell’account ufficiale insieme ad altre informazioni relative ad eventi e novità.
Conclusioni
Come abbiamo visto, le Risorse Umane possono giocare un importante ruolo di guida in questa fase di grande trasformazione delle aziende.
Per riuscire a farlo però, hanno bisogno di mutare radicalmente pelle, portando al loro interno professionisti esperti di digital marketing, design thinking e analytics e formando i dipendenti affinché acquisiscano tutte le competenze digitali indispensabili a interpretare i nuovi fenomeni in atto e a cavalcarli.
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Marketing manager e Project manager esperta di disegno, sviluppo e lancio di servizi digitali B2C.
Ho una grande passione per il digital marketing e la tecnologia e i relativi impatti sulle abitudini di consumo e il comportamento delle persone.
Sono a conoscenza del fatto che alcuni di questi strumenti citati vengono utilizzati anche nellea mia azienda, quello che però mi auguro è che un certo lato empatico e umano che dovrebbe avere l’HR continui anche in un mondo digitalizzato.