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Marketing Emozionale: perché il prodotto deve metterci il cuore

Cos’è il Marketing Emozionale?

Ogni giorno, ognuno di noi viene più o meno sommerso da pubblicità di varia natura, e a vario titolo. Dalle TV alla carta stampata, al ben più preponderante universo digitale. Per mero meccanismo inconscio, dunque, il consumatore erge spesso muri di autodifesa imperniati sul disinteresse all’acquisto a prescindere. Non solo. Spesso le differenze tra i prodotti presenti sul mercato risultano millesimali, rendendo la scelta di questo o quel prodotto molto complessa, se non sapientemente guidata. In questo contesto, cos’è che fa quindi la differenza per una campagna promozionale di successo? Quale, l’ago della bilancia per il consumatore bombardato, indeciso, pressoché in possesso di tutto? L’ esperienza emozionale che un dato prodotto, solo quello, gli offrirà superando la sterile razionalità offerta da eventuali competitor, il marketing emozionale.

La componente emozionale dell’acquisto, non è affatto un dato di poco conto. Come teorizzato da Bernd H. Schmitt, professore della Columbia University e teorico dell’ Experiential Marketing, ben il 95% del potere d’acquisto del consumatore è dovuta all’esperienza emozionale che vive in fase prima di scelta, poi di utilizzo di un dato prodotto. Il 5% restante è lasciato ai parametri razionali e analitici che tutti noi adottiamo quando qualcosa “ci serve”. Il cliente moderno si difende involontariamente dal bombardamento pubblicitario, ma è irrimediabilmente coinvolto dall’acquisto di un’ esperienza che coinvolge i cinque sensi

 

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Il Marketing Emozionale è l’esperienza eccezionale che ogni marketing specialist è chiamato a suscitare nel consumatore, stimolandone i cinque sensi e generando quindi un grado di fidelizzazione, dovuto alla memoria dell’esperienza vissuta, che possa influenzarne anche gli acquisti futuri. Deve far sì che il suo Brand sia il “preferito”, nonché l’indiscussa scelta del consumatore. Un buon marketing emozionale, infatti, non solo aumenta il profitto aziendale qui e ora, ma anche nel medio-lungo termine.

I grandi Brand adottano oramai da tempo le tecniche di marketing emozionale, soprattutto in concomitanza di eventi che ben si prestano, quali il S.Valentino o il Natale. Studiano capillarmente i comportamenti dei loro consumatori attraverso gli analytics, e incentrano le campagne propriamente su quei punti che ne coinvolgono i sensi. Lo fanno adottando strategie di marketing particolari, come il Visual MerchandisingProdotto-cuore

Questo perché gli studi di settore dell’ultimo decennio, hanno evidenziato come la Digital Revolution – oramai una realtà imprescindibile del mercato, nonché della vita quotidiana di ognuno – detti quotidianamente nuovi parametri e nuove leggi, per cui si rischia costantemente di trovarsi “in ritardo”, ove non si tenga il passo attraverso un assiduo studio e una capillare preparazione. Ecco quindi l’insorgere necessario di una serie di profili aziendali a dir poco imprescindibili ed estremamente preparati ad accogliere e gestire con successo l’era digitale. Ecco quindi l’insorgere delle professioni digitali. Tutti i Brand di successo, per mantenere al top il profitto aziendale, spostano oggi l’asse dal business value al customer value, attraverso i preziosissimi mezzi digitali. Oggi, è infatti possibile non solo conoscere in maniera molto approfondita il comportamento del customer, ma anche trarne un enorme profitto attraverso una strategia di marketing che adotti uno storytelling creativo che faccia leva sulle emozioni. I Brand di successo riescono così a rendere unico il proprio customer. In termini di profitto, il valore del Marketing Emozionale è esponenziale.

 

Marketing emozionale: una proposta di valore

Alla base della strategia promozionale vincente c’è un efficace studio specifico, correlato alla proposta di valore che il Brand deve adottare con i mezzi di cui dispone. La proposta di valore (“Value Proposition“, Michael Lanning e Edward Michaels per McKinsey &Co) passa attraverso l’identificazione e la chiara comunicazione dei benefici che il customer otterrà al preferire un dato prodotto o servizio ad altri. Non solo. Dal punto di vista aziendale, vendere un valore identifica soprattutto la fidelizzazione, l’appartenenza ad una vera e propria community, ad una clientela eletta che non viene più trattata in maniera asettica e distaccata, ma che riceve i benefici di un prodotto che sembra prendersene cura. Dal punto di vista del customer, il Brand in grado di adottare efficacemente una proposta di valore assume i tratti di un qualcosa per cui non si va neanche più ad operare una scelta d’acquisto; diviene il Brand di fiducia, quello a cui rivolgersi a prescindere, data l’eccezionale esperienza vissuta in passato. Esattamente come ci si rivolge alla famiglia o agli amici quando si desidera ricevere un parere che non ha deluso, e non deluderà.

Inoltre, il cliente nell’atto dell’acquisto, oltre ad essere coinvolto dalla migliore offerta in termini di caratteristiche e costo del prodotto, è anche inconsciamente sempre in cerca di quel fattore in più che lo coadiuverà nella propria crescita e nel successo personale. Il Brand deve quindi porre efficacemente in essere una promessa di valore al suo cliente, che risponda a tutti i suoi eventuali interrogativi. Si pensi alle Cliniche Apple; il cliente dispone sempre di un posto, virtuale e fisico, in cui potrà recarsi per qualunque problematica che il suo dispositivo dovesse avere e che gli infonde una sicurezza tale da fargli addirittura dimenticare costi e tempi dell’eventuale soluzione. La fidelizzazione è massima, quando si vende un valore. Per queste ragioni, diviene estremamente complesso per i competitor che non adottino soluzioni di valore superare la concorrenza di chi invece ce la fa. Il valore è strettamente connesso al successo di un Brand. 

E quale valore, oggi, supera quello delle leve emozionali? La società è digitale, sempre meno tattile e sicuramente il valore umano delle emozioni è quanto di più autentico e radicato nell’uomo, per sua stessa natura. 

Basti pensare al nuovo modello di leadership oramai universalmente riconosciuto valido e teorizzato da Daniel Goleman (Emotional Intelligence): solo il leader in grado di combinare cuore e cervello è colui che per visione personale riuscirà sempre nella previsione dei trend dei suoi consumatori o delle sue risorse. Colui che vince sempre, perché dotato di occhi differenti. Tutto ciò che è relazione, sia essa di vendita o di gestione aziendale, richiede oggi un’analisi specifica della sfera emotiva dei soggetti che ne fanno parte. Il valore delle emozioni assume tratti esponenziali soprattutto quando si vuole efficacemente vendere un prodotto. Ci si interfaccia con la stanchezza del bombardamento mediatico che il consumatore sperimenta proprio ad opera di quelle aziende che non implementano strategie di marketing di valore. Ci si propone ad un cliente per lo più apatico e distratto, che non desidera affatto essere cercato né trovato secondo questi criteri. Desidera invece attenzione, cura. Desidera qualcosa di diverso. Desidera una memorabile esperienza. Ecco perché il profitto tangibile di un Brand di successo percorre oggi binari del tutto intangibili. Ed è proprio qui che una strategia di marketing vincente deve passare, attraverso l’analisi del comportamento del cliente e la conseguente cura emozionale (emotional care) che dovrà offrirgli se vuole davvero che resti fedele al marchio.

 

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I “cinque sensi” del Marketing Emozionale

Il marketing specialist è chiamato oggi all’implementazione di una strategia di marketing che analizzi ed individui nel dettaglio i trend comportamentali dei consumatori in rete, considerandone target e caratteristiche, e incentrata sulla gestione delle leve che portano il consumatore alla finalizzazione dell’acquisto. Nello specifico, il Marketing Emozionale consta di cinque specifiche leve, cinque specifiche esperienze da offrire e far vivere al consumatore:

  1. Sense experience (esperienza sensoriale). Sono le esperienze che coinvolgono i cinque sensi. Tatto, vista, percezione fedele del prodotto. Fattori di trasparenza che fidelizzano oltremodo il consumatore. Pensiamo ad esempio al grado di dettaglio raggiunto dai migliori siti di e-commerce, quali Zalando: sembra di poter addirittura toccare i capi che visualizziamo on-line, fino a toccarli davvero, con il servizio di resa gratuito. Ottimo esempio di marketing emozionale incentrato sulla sense experience. Quando l’aspettativa del customer non solo non viene disattesa, ma addirittura superata, è molto probabile che questi resti fedele al Brand senza porsi neanche più nell’arena della scelta.
  2. Feel experience (esperienza emotiva). Quando un Brand riesce a congiungersi emozionalmente con il suo cliente, ovvero a suscitarne le emozioni più genuine attraverso video/immagini e uno storytelling efficace ben strutturato che “parli al cuore”, il successo per il Brand risulta pressoché garantito. L’induzione al ricordo dell’importante ruolo che la sfera amicale o familiare giocano nella vita di ognuno o il richiamo ad altri valori facilmente leggibili agli occhi del customer, se raccontati con maestria, può riuscire a fidelizzare il customer addirittura a vita. La narrazione in grado di richiamare questo genere di emozioni non è facile; presuppone notevole sforzo e duro lavoro analitico, oltre allo sviluppo di contenuti di valore. Tuttavia, lo sforzo è imprescindibile per i Brand che vogliano raggiungere il successo a lungo termine. Pensiamo al ben raccontato e vincente “taste the feeling” di Coca Cola. 
  3. Think experience (esperienze cognitive). Un marketing di tipo creativo, cognitivo, che mira al coinvolgimento e allo stimolo neuronale del customer. Ne prevede di base un impiego mentale, attraverso l’utilizzo di domande o spunti di riflessione. Di solito, si confà a quei Brand con un target di clientela molto giovane, da stimolare intellettivamente. Il marketing specialist deve qui avvalersi di valide nozioni di neuroscienza e neuromarketing al fine di raggiungere con successo l’obiettivo; deve far molta attenzione a non “stressare” l’utenza con un impiego mentale troppo invasivo. Il giusto bilanciamento tra impiego mentale e percezione di leggerezza è necessario quando ci si interfaccia con l’esigente  clientela giovane.
  4. Act experience (esperienze fisiche e mentali). Qui l’impiego richiesto al customer non coinvolge solamente le sue emozioni, ma anche il suo corpo. Come? Attraverso uno storytelling efficace ed imperniato ad esempio su un motivational quoteovvero uno sprono all’azione, al cambiamento di una data condizione magari proprio grazie al prodotto che si sta vendendo. “Just do it” di Nike, su tutti, invita all’azione e allo stesso tempo motiva il costumer. La motivazione è infatti un eccellente fattore di fidelizzazione. L’ancora a cui tutti, a fasi alterne, hanno bisogno di aggrapparsi.
  5. Relate experience (esperienza relazionale). Strategia di marketing estremamente vincente, che ambisce a posizionare il customer all’interno della sua cerchia specifica, accomunandolo ad un dato gruppo di persone che condividono il suo specifico interesse. La relazionalità risulta essere la miglior arma di fidelizzazione, e il Brand che ben riesca nell’impresa potrebbe addirittura pensarla come strategia promozionale esclusiva. Non solo si fa leva sul senso di appartenenza ad un gruppo, ma anche sull’ambizione di crescita e sviluppo personale di ognuno. I due fattori, se combinati, possono rappresentare il più alto grado di fidelizzazione cui un’ azienda possa aspirare. Pensiamo alla Community Apple: un vero e proprio spazio virtuale fatto prima di tutto di appassionati del prodotto, poi fedeli customer a vita. 

In ultimo, ma non per importanza, non si può fare a meno di menzionare il Marketing Emozionale negativo. Quando le assicurazioni o le banche ci incutono timore con annunci del tipo “se non pagherai X, allora ti accadrà Y”, riescono senza  meno ad attrarre un dato numero di clienti in maniera di base immediata. Sebbene la leva emozionale abbia qui il segno meno, risulta efficace e garantisce un risultato in termini di profitto pressoché certo. Naturalmente, la stragrande maggioranza dei Brand non può avvalersi di questo genere di strategia per mere caratteristiche aziendali endemiche. Resta adattabile solo ad alcuni settori del mercato, spesso non per questioni di merito.

Di vitale importanza, poi, è la forte probabilità che uno spot emozionale ben riuscito si converta in qualcosa di virale, generando un’eco che nessuna azienda prevedrebbe tra le voci di spesa in fase di analisi strategica, ma da cui trae profitto in maniera completamente gratuita. 

Il famoso panda portato ad esempio da Jonah Bergerprofessore alla Wharton University e autore di “Contagious”, ne è un chiaro esempio. L’esperienza che il Brand fa vivere al consumatore fa leva sull’ironia e sul mero entertainment, ovvero su una delle emozioni che forse meglio delle altre possono restare impresse e rendere il contenuto virale. Nulla di più facile che di questo spot se ne parli con gli amici a cena fuori, o nei momenti di relax. 

In conclusione, il Marketing Emozionale sembra quindi suggerire una pionieristica visione della strategia promozionale vincente del futuro, ma anche fortemente orientata alla realtà che viviamo quotidianamente. Ci porta soprattutto ad un approccio analitico e minuzioso del comportamento in rete del consumatore, che diviene il perno del successo del marketing specialist alle prese con il grandissimo potere del coinvolgimento emozionale.

 

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