Il reverse mentoring è letteralmente un mentoring al contrario, ovvero le nuove generazioni che insegnano ai senior a digitalizzarsi. Inutile rimanere fossilizzati nelle competenze già acquisite, è bene evolversi, rinnovarsi e imparare da chiunque abbia voglia d’insegnarci qualcosa; per questo nasce il reverse mentoring, per persone che hanno sempre voglia di migliorarsi a prescindere dall’età.
Non si finisce mai di studiare e arricchire le proprie conoscenze, non ha prezzo ed età un cervello sempre attivo e proattivo al cambiamento e all’evoluzione.
Cos’è il Reverse Mentoring?
Il reverse mentoring è un tutoraggio inverso dove un membro junior condivide le sue conoscenze e competenze in ambito digitale ad un membro senior. È la carta vincente per i giovani, in quanto saranno loro la risorsa fondamentale per l’azienda, visto che dovranno formare i senior sulle skill digitali. Un esempio pratico può essere insegnare ai colleghi meno pratici come utilizzare “Google Calendar”, “Google Meet” o altre piattaforme e applicazioni che semplificano e velocizzano i tempi. Come attuare un programma di reverse mentoring? Solitamente sono degli incontri formali dove junior e senior si vengono incontro per colmare il gap tecnologico. Il risultato è un arricchimento di competenze, che consente un clima lavorativo sereno, e un ambiente di lavoro sereno, è la chiave vincente per il successo di un’azienda.
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Reverse Mentoring in azienda: a cosa serve?
“La fortuna dell’uomo, è l’altro uomo” per quanto alle volte si crede che andando da soli si andrà più veloci, in realtà è la “squadra” ad andare più lontano. Farsi aiutare dai giovani e ascoltare pareri con punti di vista differenti è sintomo di grande intelligenza e open mind e non è in alcuno modo paragonabile all’insicurezza. Quando si trovano colleghi con digital skill, si trova un tesoro! Numerose aziende hanno capito l’importanza e l’utilità del reverse mentoring, e così organizzano programmi di reverse mentoring assumendo un target di giovani con alte skill digitali da introdurre nel team, ovviamente si vince quando si crea una “squadra” e nessuno va in conflitto, non è una gara a chi è più bravo, è semplicemente un metodo innovativo per crescere insieme. Per giunta è un’opportunità molto vantaggiosa per l’azienda in quanto è a costo zero, e serve a responsabilizzare tutti i dipendenti rendendoli sempre più autonomi. Le aziende che richiedono il reverse mentoring provengono da svariati settori, fanno eccezione solamente le società che hanno dipendenti con una fascia d’età medio-bassa. All’inizio del programma non è detto che vada tutto liscio, potrebbero esserci dei componenti dell’azienda un pò scettici a riguardo, perché magari hanno paura di sminuire il loro titolo, ma superata questa fase, si potranno solo apprezzare i benefici dello scambio intergenerazionale.
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Come nasce un programma di Reverse Mentoring?
Essendo il reverse mentoring uno scambio di ruolo tra junior e senior, quando si organizzano gli incontri formali, bisogna studiare a tavolino le strategie vincenti per far risultare proficua quest’unione:
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È opportuno ed efficace insegnare a tutti i colleghi senior un livello base standard, così che tutti sappiano fare bene le stesse cose, ed essere allo stesso livello
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Assegnare ad ogni nativo digitale un numero ragionevole di senior (da 2 a 4) da “formare” e seguire
- Mantenere una cadenza settimanale a livello organizzativo
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Fornire gli strumenti adeguati per creare un programma valido
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Fissare degli obbiettivi finali, scrivendo anche il punto di partenza
- Ed infine valutare i benefici ottenuti a vicenda
Inoltre il reverse mentoring si può suddividere a sua volta in tre categorie, ovvero:
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- A distanza, il che è molto comune attualmente, dato che non si ha la possibilità di vedersi con i propri colleghi, ma non bisogna scoraggiarsi perché anche se in maniera virtuale si può ugualmente imparare efficacemente e interagire con i mentori tramite videochiamate.
- Di gruppo, qui il mentore avrà un gruppo più numeroso da seguire, ma anche in gruppo, soprattutto aiutandosi l’uno con l’altro, si ottengono risultati soddisfacenti.
- Individuale, ovvero un one to one tra junior e senior, seguendo la tipologia di mentoring tradizionale.
Perché dovresti avere un nativo digitale nel tuo team di lavoro
Tutti noi dovremmo avere un nativo digitale nel nostro team di lavoro, un punto di riferimento a cui chiedere aiuto quando si hanno difficoltà su strumenti mai utilizzati prima. Oggi l’innovazione tecnologica corre, e non tutti riescono a stare al passo, per questo chi è privilegiato, perché “nato con lo smartphone in mano”, ha l’opportunità di aiutare, dando vita ad una “rivoluzione culturale”, abbattendo il pregiudizio che i giovani non hanno nulla da insegnare e devono solo imparare.
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Conclusioni
Non è scontato pensare che la generazione dei Millennials possa insegnare ai Senior qualcosa di utile, però è un pensiero al quale bisogna abituarsi e crederci. Bisogna abbattere gli stereotipi e saper guardare oltre, essere sempre curiosi e aperti al cambiamento e avere fiducia nel prossimo. Perché non usare i nuovi strumenti che abbiamo a disposizione? Può essere solo che interessante svecchiare certe abitudini e dare spazio ai giovani e al mondo digitale, che è sempre più presente nelle nostre vite.
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Da diversi anni lavoro nel mondo della Moda e del lusso, un ambiente che ho sempre amato. Ho deciso di mettermi in gioco nel mondo del digitale per ampliare le mie competenze e conoscenze.
I nativi digitali sono una risorsa fondamentale per un’azienda, più ricettivi ai cambiamenti e alle trasformazioni tecnologiche. Il Reverse Mentoring è uno strumento di integrazione “alla rovescia” da non sottovalutare.
Credo che in ogni azienda il reverse mentoring dovrebbe essere implementato! Le nuove generazioni sono una risorsa!
La gestione di un “reverse mentoring” è molto delicata, in quanto non sempre è facile da accettare e non sempre porta ai risultati sperati.
Bisogna smettere di stereotipare l’insegnamento.
Come il detto popolare secondo il quale imparare non ha età, bisogna iniziare a pensare che nemmeno l’insegnamento ne abbia una.
La tecnologia digitale, per le generazioni precedenti ai Millennials può essere ostica.
Per questo motivo il Reverse Mentoring rappresenta lo strumento per garantire una integrazione generazionale.
Un approccio di tipo Reverse Mentoring mi sembra il metodo ottimale per favorire l’integrazione di gruppi “generazionali” diversi che, per forza di cose, differiscono per competenze, interessi e attitudini. Inoltre, da una parte, favorisce la responsabilizzazione dei più giovani che diventano responsabili di riferimento per l’acquisizione di digital skills e, dall’altra, sprona i dipendenti con seniority più importante verso l’aggiornamento continuo.
L’utilizzo di strumenti e dispositivi all’avanguardia non deve essere limitata alla generazione dei nativi digitali: chiunque, con il giusto approccio e una buona dose di pazienza, può imparare a destreggiarsi nel mondo del digitale. Utilizzare il reverse mentoring rappresenta indubbiamente uno strumento molto efficace.
Credo che il Reverse Mentoring sia un approccio unico nel suo genere. E’ raro che ricapiti un’opportunità di simile scambio intergenerazionale voluto dalle stesse aziende. Due mondi che si avvicinano, si completano e imparano l’uno dall’altro. Che meraviglioso mondo il digitale!