Save the Children attua la propria digital strategy per promuovere e tutelare i diritti dei minori. Save the Children deve portare le persone a fidarsi pienamente di loro. Infatti le azioni a cui Save the Children ha necessità di condurre gli utenti sono: donare del tempo come volontari, o partecipare a una raccolta fondi, piuttosto che firmare una petizione per la salvaguardia di uno o più diritti fondamentali; ma anche modificare alcuni dei comportamenti quotidiani quali consumatori più consapevoli.
Obiettivi decisamente complessi perché Save the Children non deve soddisfare una necessità materiale di un utente. Bensì deve portare le persone a donare tempo o denaro o a modificare un proprio comportamento per sostenere e promuovere i diritti del minori.
Abbiamo quindi ospite, Lorenzo Catapano, Head of Digital Media Department, di Save the Children Italia Onlus.
Cosa fa Save the Children
Qual è l’attività principale dell’Onlus Save the Children?”
Il nome stesso della Onlus dice un po’ quello che facciamo ovvero salvare i bambini. Save the Children nasce in Inghilterra nel 1919 e il termine inglese “save” ha un’accezione più ampia rispetto all’italiano. Include la protezione, l’educazione e poter dare opportunità ai minori. In Italia siamo presenti relativamente da poco ossia dal 1998. Promuovere i diritti dei minori significa anche compiere azioni di contrasto alla povertà educativa. È infatti importante che tutti abbiamo accesso ad una formazione di qualità per potere cogliere future opportunità. Per noi è educazione anche formare i ragazzi all’utilizzo sano e consapevole delle nuove tecnologie, quindi, ad es., rispetto al cyberbullismo. Il nostro è un approccio a 360° sull’infanzia.
I canali utilizzati
Quali canali utilizzate maggiormente?
Per dare un’idea di quanto Save the Children creda nel digitale, ti dico che 8 anni fa ero l’unica persona che si occupava del digitale nella Onlus, mentre oggi c’è un dipartimento strutturato con uno staff di 14 persone. Il digitale ovviamente cresce se porta risultati. Quindi è stata per noi una crescita sostenibile e conseguente, appunto, ai risultati ottenuti sia in termini di raccolta fondi che di engagement. In relazione ai canali che utilizziamo oggi, è difficile dare una risposta unica. Essendo un’organizzazione che ha tanti obiettivi, soprattutto in termini di comunicazione e raccolta fondi, utilizziamo i canali in maniera integrata.
Canali per le raccolte fondi
Se, ad esempio, parliamo di fare raccolta fondi, così come nel mondo profit c’è il concetto di marketing a performance, utilizziamo in particolare modo canali che ci danno la possibilità di misurare subito il ROI. Quindi canali in cui se spendiamo 1€, ci danno modo di raccogliere magari 2/4 € ovvero i canali che lavorano più a performance. Questi sono: la pianificazione sui motori di ricerca e su Facebook che per noi è anche una grandissima opportunità in termini di advertising.
Combinazione di canali per la reputazione
Poi ci sono ovviamente i canali che vanno ad integrazione rispetto a questi, perché ci aiutano a lavorare sul brand, sulla reputazione. Perciò abbiamo l’utilizzo di tutto il mondo dei social che non ha obiettivi diretti di raccolta fondi, ma consente di avvicinarsi agli utenti. Questo in un’ottica di engagement che non è necessariamente finalizzato a ricevere una donazione ma, ad esempio, alla partecipazione alla vita di dell’Organizzazione, a prendere posizione o ad attivarsi anche ad altri livelli. Può essere la firma di una petizione piuttosto che condividere la nostra storia.
Questa combinazione di canali ci aiuta tantissimo nel dire chi siamo, nel mostrarci, nel semplificare, alcune volte, i nostri discorsi cercando allo stesso tempo di non essere semplicistici.
Tutte queste attività devono viaggiare insieme. Oggi sarebbe impossibile dire: Facebook è un canale di raccolta fondi o un canale di comunicazione. Credo che il confine sia sempre meno netto. Per nutrire tutta una parte di canali che magari lavorano bene sulla parte a performance è necessario avere una strategia integrata di brand awareness e reputation che capitalizzi molto sull’utilizzo consapevole dei social.
Oggi la sfida è particolarmente importante perché i tempi nella comunicazione sono estremamente ridotti. Quindi se un post non si legge, se si guarda più un’immagine, passare dei concetti che molto spesso sono tutt’altro che semplici, è la sfida maggiore, più bella per noi. In pochissimi secondi dobbiamo dare evidenza dell’impatto delle nostre azione e della trasparenza con cui lavoriamo.
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Creare un rapporto di fiducia
Come riuscite a superare la diffidenza delle persone e quindi a creare un forte rapporto di fiducia?
Questo è un tema importantissimo e lo è sempre stato per le organizzazioni come la nostra. C’è tantissima volontà, da parte di chi ci segue, di contribuire, di chiederci come contribuire economicamente ma non solo, prestando il proprio tempo, la propria attività. Però con lo scetticismo dobbiamo sempre farci i conti.
Comunicare in maniera semplice e trasparente
È molto importante comunicare in maniera semplice e trasparente. Questo non solamente promuovendo le attività di raccolta fondi o di comunicazione rispetto a dei nostri obiettivi primari per realizzare i progetti. Oggi utilizziamo i canali infatti anche per promuovere sempre di più la nostra trasparenza; e quando dico “promuovere” intendo anche proprio avere un budget dedicato per fare conoscere il nostro bilancio, ad es., sia a livello di risultati numerici ma sia in termini di storie, che di vite che cambiamo.
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In questo ovviamente il digitale è fondamentale. Perché da una parte ci dà l’opportunità di raccogliere costantemente il feedback da parte delle persone che ci seguono; e questo ci permette di modellare la nostra comunicazione per renderla il più possibile chiara. Facciamo quotidianamente, mensilmente, tantissima analisi dei dati, quindi del sentiment, di come va ogni singola campagna, ogni singolo post, per capire se i concetti arrivano chiaramente o se qualcosa va modificato.
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Ad oggi c’è sicuramente un po’ di più una lente di ingrandimento nei confronti delle organizzazioni, piccole o grandi che siano. Noi abbiamo tanti strumenti per assicurare la qualità e la trasparenza delle attività che facciamo. È ovvio che la sfida principale è quella di essere semplici ma non semplicistici; di poter in qualche modo ribadire i nostri valori anche di fronte a critiche. Alcune volte occorre andare nel dettaglio della critica sfatando magari un mito sulle attività che facciamo e riportando le conversazioni sui fatti sull’informazione, sull’oggettività. Così riusciamo a chiarire i dubbi di una persona in quel momento scettica. La gente apprezza molto questo e cerchiamo di farlo anche sempre di più mostrando la faccia.
Quindi, non commentando semplicemente come pagina ma scrivendo il nome e cognome di chi commenta e il suo ruolo.
Un esperimento su Instagram
In questi giorni, su Instagram, stiamo pubblicando una serie di post di un racconto di una mia visita sul campo, dove viene realizzato un nostro progetto in Vietnam, fatta circa un mese fa. Questo è un tentativo per dare un volto alle persone che poi raccontano la storia. Ho fatto questa “film visit” filmando con il cellulare mentre raccontavo il mio andare a vedere direttamente la realizzazione di un progetto. Quindi ho cercato un po’ di passare l’emozione che ho provato nel vedere la qualità e l’impatto che abbiamo a 9.000 km di distanza sulla vita di questi bambini. Spero che il racconto di questo viaggio fatto in maniera un po’ “home made” crei una comunicazione sempre più semplice e umana di Save the Children. Noi non siamo un logo, siamo un gruppo di persone, di professionisti che lavora con passione. Perciò tentiamo sempre più di “metterci la faccia” e far vedere chi siamo all’interno dell’Onlus.
Azioni di Advocacy
Puoi raccontarci come riuscite a creare advocacy a sostegno delle azioni di Save the Children?”
Questo è un bell’esempio di come in realtà l’attività di Save the Children non si riduca solamente all’aspetto più di comunicazione, sensibilizzazione e di raccolta fondi. Soprattutto attraverso i canali digitali facciamo tante attività di supporto all’advocacy. Posso farti l’esempio di una campagna che abbiamo lanciato a maggio dello scorso anno in cui chiedevamo alle istituzioni una legge nazionale per riqualificare le aree degradate a favore dei bambini. La campagna ha raccolto 35.000 firme e devo dire che in questo i social sono stati il canale fondamentale perché consento di raggiungere masse importanti di persone. E ad oggi abbiamo già tante amministrazioni che si sono mosse in questa direzione proprio anche sensibilizzate dalla nostra campagna. I social nel caso di advocacy sono quindi il canale principale anche se non l’unico.
Per creare fiducia devi consolidare la tua reputazione e comunicare efficacemente. Automatizzare il processo di promozione della tua attività, dei tuoi prodotti o servizi, renderlo gratuito e affidarlo ai migliori testimonial possibili: i tuoi clienti, pronti a spendere la propria parola e credibilità per consigliarti alla loro rete sociale, a difendere il marchio. L’ Advocacy marketing è, in estrema sintesi, tutto questo.
Per imparare a farlo, iscriviti ai corsi di Web reputation.
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Prendo i cambiamenti che la vita ti “propone” come una nuova opportunità. Sono una neverendig student sia per poter svolgere al meglio il mio lavoro sia perché mi piace confrontarmi con idee diverse dalle mie.
Articolo interessante che mette in risalto come anche (e soprattutto) nelle ONLUS sia importante una forte integrazione dei canali digitali a supporto delle iniziative benefiche, ma anche per creare fiducia nel brand.
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