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Google Data Studio

Il tool per creare report efficaci

 

Google Data Studio è un tool di Google pensato appositamente per creare, in poco tempo, dashboard dinamiche e report efficaci. Data Studio trasforma i dati in report facili da leggere, da personalizzare e da condividere. Il senso di questo tool è quello di puntare sulla Data Visualization, cioè sulla presentazione dei dati in una forma visiva comprensibile a tutti, anche a chi ha poca familiarità con i numeri. Inoltre, per chi non vuole creare un report da zero, Data Studio mette a disposizione dei template predefiniti. La forza di Google Data Studio sta nel fatto che si collega a tantissime origini dati attraverso la presenza di connettori pre-integrati. Una volta che un’origine dati, come per esempio Google Analytics, è collegata a Data Studio i dati vengono importati automaticamente nel tool e trasformati nelle metriche e dimensioni che si vogliono rappresentare all’interno del report. Per di più, le dashboard create sono dinamiche, vale a dire che i dati al loro interno si aggiornano in automatico grazie al collegamento diretto con le piattaforme di marketing.

 

Google Data Studio

 

 

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Google Data Studio: cos’è?

Cominciamo questa mini guida rispondendo ad una domanda semplice, ma necessaria: Google Data Studio, cos’è? Si tratta di un tool gratuito per creare dashboard dinamiche e report efficaci. È stato lanciato da Google a metà del 2016 ed ha la caratteristica di essere facile da usare, da personalizzare e da condividere. Questi tre elementi lo hanno reso particolarmente gradito ai marketer, i quali hanno la necessità di fare reporting, periodicamente, per i clienti o per i top manger all’interno dell’azienda. Difatti, poter visualizzare i dati in modo chiaro, consente di monitorare i progressi fatti e di raggiungere gli obiettivi prefissati più rapidamente.

La raccolta dei dati necessari, e la conseguente organizzazione di essi all’interno di tabelle e grafici, è un compito che può richiedere delle ore. Normalmente, tutti questi dati devono essere scaricati, per esempio da Google Analytics e poi riportati all’interno di fogli Excel. Dopodiché, dentro Excel si potranno creare i grafici e le tabelle. Questo procedimento, però, implica di dover pensare anche all’aspetto visivo del report. Cosa che, in realtà, non viene fatta perché vi è la tendenza a porre una maggiore attenzione sui dati. Di conseguenza, il risultato finale è, spesso e volentieri, confusionario. Con Google Data Studio questo problema viene superato perché si possono creare report visivamente molto chiari e, dunque, in grado di supportare le decisioni del management.

 

Report vs dashboard

Come già spiegato, Google Data Studio è un tool con cui si possono creare sia dashboard che report. Questi due termini, però, spesso vengono confusi. Per questo motivo, prima di addentrarci nella spiegazione di Data Studio, è bene chiarire quali sono le differenze e i punti di contatto tra report e dashboard.

Report e dashboard si somigliano nel fatto che al loro interno presentano elementi visivi come grafici e tabelle e hanno come scopo quello di fornire delle informazioni. Tuttavia, già su questo punto si presenta una prima differenza. Mentre il report tende ad essere molto dettagliato e composto da molte pagine; una dashboard deve occupare lo spazio di una schermata del computer.

L’efficacia della dashboard sta nel fatto che, al suo interno, tutti i dati di cui si ha bisogno sono visibili con un solo colpo d’occhio. Una dashboard, in sostanza, è una rappresentazione visiva dei dati cruciali, un’istantanea su quello che sta succedendo ad un business. Il report, invece, proprio perché è più complesso, può contenere al suo interno sia delle dashboard che del testo scritto. È possibile, infatti, inserire anche un sommario e dei suggerimenti. Al contrario, una dashboard presuppone un alto livello di comprensione della materia da parte del lettore e prevede la presenza di poche spiegazioni o anche nessuna.

 

Google Data Studio: cos'è

 

Google Data Studio: perché usarlo?

Google Data Studio: perché usarlo e quali sono i suoi vantaggi? È lecito porsi queste domande per capire quali sono le potenzialità di questo tool di reporting. Partiamo dal presupposto che le aziende hanno bisogno di dati. Non a caso, l’approccio data-driven è sempre più usato. Grazie ai dati è possibile sapere con esattezza se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti o se qualcosa nelle strategie adottate non sta portando ai risultati sperati. Scopriamo, dunque, quali sono i benefits di Data Studio.

Gratuità del tool

Come già accennato, Data Studio è gratuito. Si tratta di un grande vantaggio perché consente a chiunque di poter utilizzare questo tool senza dover affrontare spese mensili.

Connessione e Dinamicità

Data Studio crea un collegamento diretto con le piattaforme di dati, come per esempio Google Analytics. Grazie a ciò è possibile realizzare dashboard dinamiche. Difatti, una volta importati in Data Studio, i dati si aggiorneranno automaticamente ogni volta che vi sarà un aggiornamento alla fonte stessa (data source). Il concetto di dinamicità consiste proprio in questo: non vi è più la necessità di realizzare un nuovo report ogni volta che si vuole prendere in esame una metrica o una dimensione diversa. È, infatti, sufficiente selezionarla affinché i nuovi dati siano subito visibili.

Visualizzazione

Attraverso la cosiddetta Data Visualization, cioè la visualizzazione dei dati, i report assumono un aspetto molto più comprensibile. Grazie agli elementi messi a disposizione da Data Studio, come grafici, fonts e colori, i dati vengono presentati come se si stesse raccontando una storia. Non a caso si parla di Data Storytelling, espressione usata per intendere un nuovo modo di esporre l’andamento di un business.

Data blending

Data Studio è in grado anche di mescolare, per così dire, i dati provenienti da diverse origini dati. Questo è di grande aiuto quando si vuole disporre di una visione più globale della presenza online dell’azienda.

Condivisione

Con Google Data Studio la condivisione dei file è decisamente semplice. L’autore del report può decidere che tipo di accesso al file fare avere ai propri collaboratori o clienti. Vi sono due modalità di accesso ai dati: “edit” e “view”. Nel primo caso si ha la possibilità di intervenire sul report (qualsiasi modifica viene salvata automaticamente); mentre nel secondo solo di prenderne visione.

 

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Come funziona Google Data Studio?

Passiamo, adesso, alla parte più operativa di questo tool di reporting e chiediamoci: Google Data Studio, come funziona? Vediamo quindi, nel dettaglio, cosa sono i connettori, in che modo grazie ad essi le dashboard diventano dinamiche e come si può creare un report sia partendo da zero sia usando i template già pronti di Data Studio.

 

Connectors

Iniziamo a capire il funzionamento di Data Studio partendo dal concetto di “connettori”. Data Studio lavora con differenti origini dati (data sources) come Google Ads o Google Analytics. I connettori pre-integrati sono il meccanismo attraverso il quale la piattaforma stabilisce delle connessioni con piattaforme di dati, tra cui appunto Google Analytics. È possibile importare tre diversi tipi di connettori: Google Connectors, Partner Connectors e Open Source Connectors. I primi sono nativi di Google, mentre gli altri due sono di proprietà di terze parti e hanno bisogno di integrazioni per poter importare i dati all’interno di Data Studio.

 

Google Data Studio: connectors

 

Qui di seguito vengono elencati tutti i Google Data Studio Connectors:

  • Attribution 360
  • BigQuery
  • Campaign Manager
  • Cloud Spanner
  • Cloud SQL for My SQL
  • Display e Video 360
  • File Upload
  • Google Ad Manager
  • Google Ads
  • Google Analytics
  • Google Cloud Storage
  • Google Sheets
  • MySQL
  • PostgreSQL
  • Search Ads 360
  • Search Console
  • Youtube Analytics

A seguire, invece, alcuni dei 160 Partner Connectors di Google con cui ci si può collegare alle piattaforme di marketing di terze parti (dunque non di proprietà di Google):

  • Ad Data + Google Analytics
  • AdRoll
  • Adobe Analytics
  • Adform
  • Amazon Ads
  • Amazon Seller
  • Analytics Canvas
  • Bing Ads
  • Criteo
  • Content King
  • Ebay Seller Central
  • Facebook Ads
  • Facebook Insights
  • Instagram Ads
  • Instagram Public Data
  • LinkedIn Ads
  • Pinterest Analytics
  • Twitter Analytics

Per visionarli tutti guarda il sito ufficiale.

Infine, ci sono 3 open-source connectors:

  • Chrome UX Report
  • GKE Usage Metering
  • Kaggle

 

Dashboard

Google Data Studio: dashboard dinamiche, in che senso? Quando si dice che le dashboard sono dinamiche si intende che gli aggiornamenti ai dati che avvengono all’interno delle data sources sono automaticamente disponibili in Data Studio e, dunque, visibili all’interno delle dashboard stesse. Questo è possibile grazie alla presenza dei connettori pre-integrati, di cui si è già parlato, che stabiliscono un collegamento fra le origini dati e Data Studio. In questo modo è possibile creare velocemente report completi e aggiornati.

Come vedremo più avanti, Data Studio mette a disposizione degli utenti anche delle dashboard già pronte (cioè dei template). Grazie ad esse si possono realizzare dei buoni report senza doversi preoccupare dell’aspetto visual di questi. Per il momento, però, vediamo come creare un report da zero usando il cosiddetto blank canvas, cioè un foglio bianco a quadretti.

 

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Google Data Studio tutorial

Ora che hai appreso funzioni e specificità di questo importante strumento di reportistica, vediamo ora passo dopo passo come iniziare a creare dashboard e report da zero grazie al Google Data Studio tutorial che ti appresterai a leggere. La prima cosa da fare per usare Data Studio è creare un account Google se non lo si ha già. Una volta dentro Google Data Studio, vi sono due opzioni: usare i template già pronti oppure un blank canvas. Quest’ultimo, come anticipato, è un foglio bianco a quadretti su cui si può creare un report da zero. Consideriamo, per il momento questa seconda opzione. Bisogna, dunque, cliccare su START A NEW REPORT, selezionare la data source e cliccare su ADD TO REPORT. Infine, nella parte alta della pagina dove c’è scritto UNTITLED REPORT è possibile inserire il nome che si vuole dare al report che si sta creando.

 

Google Data Studio data sources

 

Quando si crea il primo report su Google Data Studio, Big G mette a disposizione le proprie fonti di dati (ad esempio: Sample Google Analytics Data). Usando questi dati è possibile iniziare a capire come verranno visualizzati quelli veri, cioè dell’azienda, all’interno delle tabelle e dei grafici forniti dal tool. È possibile, infatti, aggiungere anche una nuova origine dati al proprio account cliccando sull’icona blu con il “+” in basso a destra, accanto alla scritta CREATE NEW DATA SOURCE. Così facendo si può creare una nuova connessione.

 

google data studio sample reports

 

Subito dopo va selezionato il connettore Google Analytics. Ovviamente in questo Google Data Studio Tutorial usiamo quest’ultimo come esempio. Di volta in volta verranno selezionati i connettori di cui si ha bisogno. Affinché l’operazione vada a buon fine, è necessario autorizzare Data Studio ad accedere al proprio account di Google Analytics. Il passaggio successivo consiste nello scegliere la proprietà dell’account, nonché la vista, che si vogliono collegare a Data Studio. Quest’ultimo accede ai dati degli utenti attraverso Google Analytics API. Tuttavia, prima di importarli, permette agli utenti di visualizzare tutte le metriche e dimensioni disponibili, dando loro la possibilità sia di disabilitare ogni campo sia di accedere e modificare i campi dallo schermo stesso di reporting.

Come spiegato, Data Studio offre una serie di elementi per personalizzare i propri report. Nella barra degli strumenti è possibile scegliere fra vari grafici e tabelle per dare forma all’aspetto visivo del report che si sta creando. Vediamoli nel dettaglio:

  • Time Series
  • Bar Chart
  • Combo Chart
  • Pie Chart
  • Table
  • Geo Map
  • Scorecard
  • Scatter Chart
  • Bullett Chart
  • Area Chart
  • Pivot Table

Google Data Studio come funziona

 

I grafici devono, ovviamente, essere collegati ai dati che si vogliono visualizzare. A questo proposito va fatta una considerazione: quando si creano grafici o tabelle all’interno di Data Studio, è importante verificare che i dati visualizzati siano effettivamente corretti. Per essere sicuri di ciò, basta confrontarli con quelli dell’origine dati e vedere se coincidono.

Ritornando alle cosiddette “visualizations”, tranne scorecards e bullet charts, queste hanno bisogno di metriche e dimensioni per funzionare. Bisogna, dunque, cliccare su una delle icone nella barra degli strumenti per poi disegnare all’interno del blank canvas un riquadro. Fatto ciò, si vedrà comparire il grafico selezionato con i dati di default messi a disposizione da Google. Per effettuare delle modifiche, tra cui appunto quelle che riguardano le metriche e le dimensioni (indicate dalle frecce rosse), vi è una tabella collocata a destra del report.

 

Google Data Studio best practices

 

Vediamo, una ad una, le opzioni disponibili:

  1. cambiare metriche e dimensioni
  2. aggiungere filtri (cliccando sul pulsante blu con il “+” in fondo alla tabella DATA)
  3. cambiare il tipo di tabella in uso
  4. selezionare la data
  5. modificare la data source
  6. scegliere lo stile dei grafici e delle tabelle (cliccando su STYLE)

Per modificare una dimensione, basta cliccare su quella attuale (per esempio la data) per visualizzare una lista di nuovi campi. A questo punto, si può selezionare la dimensione di proprio interesse. Una volta selezionata, i dati corrispondenti saranno visibili sul report. Il procedimento per modificare una metrica è lo stesso. Se la metrica che si vuole usare non esiste di default, la si può creare cliccando su CREATE NEW METRIC.

Se l’obiettivo è quello di creare un report, dunque un documento che includa un’analisi approfondita della situazione aziendale, è necessario disporre di più pagine. Per aggiungere nuove pagine al proprio report, è sufficiente cliccare su ADD A PAGE in alto a sinistra sulla barra degli strumenti.

All’interno di un blank canvas vi è anche la possibilità di ricreare l’interfaccia di altri report. Perché fare questo se i template forniti da Google Data Studio hanno già un ottimo aspetto? Uno dei motivi può essere la necessità di inserire il logo aziendale all’interno del report. Un altro motivo può essere quello di non voler concedere, a chiunque all’interno dell’azienda, l’accesso a Google Analytics. Un modo per ovviare a questo problema è quello di creare una dashboard o un report da incorporare (embeddare) nel sito aziendale. Si tratta di un procedimento molto semplice: si clicca sull’icona “<>” in alto a destra e si prende l’embed code (codice incorporato) della dashboard o del report e lo si incolla nella pagina HTML dell’editor del proprio CMS. Così facendo, gli altri colleghi esterni al team avranno accesso solo ai dati di Google Analytics di cui hanno realmente bisogno.

 

Google Data Studio analytics

 

Una volta realizzato il report, quest’ultimo sarà immediatamente disponibile nella Home di Data Studio. Inoltre, i report creati possono essere copiati, scaricati e condivisi facilmente. Per condividere un report bisogna andare sulla modalità “view” cioè quella rappresentata dall’icona a forma di occhio.

 

Google Data Studio tutorial

 

Successivamente bisogna cliccare sull’icona con l’omino, cioè quella SHARE THIS REPORT. Apparirà una finestra con due opzioni di condivisione: inserimento dei nomi o degli indirizzi email dei destinatari oppure invio di un link. Quando si condivide un report si può decidere se permettere o meno, a chi lo riceve, di apportare modifiche al suo interno.

 

Google Data Studio free

 

In Data Studio, infatti, sono presenti due livelli di accesso: “edit” e “view”. Nel primo caso è possibile modificare il report, che si tratti dei grafici o dell’origine dati. Per queste ragioni è bene concedere l’accesso di tipo “edit” solo a poche persone fidate. A tutti gli altri, che siano clienti o colleghi esterni al team, è consigliabile fare visualizzare i report dal front-end. Così facendo si potranno condividere i dati senza che vi sia il rischio che vengano manomessi.

Quando si è finito di personalizzare il proprio report, si può decidere di usarlo come template per i report futuri. Per fare ciò bisogna aprire il report che si vuole usare come modello e cliccare sull’icona COPY nell’angolo in alto a destra. Infine, nella finestra CREATE NEW REPORT bisogna selezionare le fonti di dati da usare e cliccare sul pulsante CREATE REPORT.

Per scaricare il report, invece, è sufficiente cliccare sull’icona con la freccia rivolta verso il basso collocata in alto a destra.

Infine, un’altra caratteristica interessante di Data Studio è che offre la possibilità di mescolare i dati provenienti da diverse data sources. Unendo diverse fonti di dati si può ottenere un’immagine più globale dell’andamento del business. In concreto, per unire i dati di varie origini, bisogna selezionare uno degli elementi della barra degli strumenti e poi cliccare su BLEND DATA nella tabella a fianco del report. Infine, bisogna scegliere l’origine dati da aggiungere e il modo in cui le due data sources sono collegate.

 

template google data studio

 

Google Data Studio template

Google Data Studio: template predefiniti a disposizione degli utenti.

In precedenza, è stato spiegato come costruire un report da zero servendosi solo della propria fantasia. Tuttavia, può risultare molto faticoso immaginare una presentazione dei KPIs che, oltre ad essere esatta, risulti anche esaustiva dal punto di vista visivo. Un buon modo per soddisfare questa necessità è quello di usare i template forniti da Data Studio.

A seguire il template predefinito di Data Studio per Google Ads:

 

 

Utilizzare i template messi a disposizione da Data Studio è semplicissimo: basta cliccare prima sul template che si vuole usare e poi, nella pagina successiva, sul pulsante in alto a destra con su scritto USE TEMPLATE. Dopodiché, comparirà una tabella con su scritto CREATE NEW REPORT in cui sono presenti due fonti diverse di dati: una è quella di default di Google mentre l’altra è una nuova origine, ovvero una vera fonte di dati. Cliccando su CREATE REPORT e continuando, per il momento, a usare i dati forniti dal demo account, ci si troverà all’interno del report di esempio fornito da Google. È subito visibile che il template proposto da Google Data Studio è decisamente migliore di quello che si può realizzare partendo da un foglio bianco.

Tuttavia, quando si decide di usare i template predefiniti non bisogna mai perdere il focus sul proprio business. Tendenzialmente, infatti, i report di Google sono strutturati in modo tale da includere parecchie metriche per fornire una visione ampia della situazione. L’ideale invece è prendere in prestito i grafici che piacciono maggiormente e trasportarli, insieme agli obiettivi aziendali, all’interno di un blank canvas. Il risultato sarà un report chiaro, ma soprattutto specifico.

Vediamo qui di seguito quali sono i template messi a disposizione da Data Studio:

  • Acme Marketing Website
  • Display e Video 360 Performance Report
  • GA Audience Overview
  • GA Acquisition Overview
  • GA Behavior Overview
  • Ecommerce Store
  • Adwords Report
  • Youtube Channel Report

 

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Google Data Studio: Facebook

Google Data Studio: Facebook è una delle data sources da cui si possono importare i dati? Assolutamente sì. Poniamo il caso di voler conoscere l’andamento di una campagna di Facebook Ads. Usando i Partner Connectors realizzati, appunto, dai partners di Google è possibile collegare Data Studio anche a origini dati non native di Google. A seguire, verrà spiegato come filtrare i dati nel proprio report per le Campagne Facebook.

I filtri e la data sono gli elementi più importanti all’interno del report poiché permettono di perfezionare i dati che compaiono al suo interno. Il filter control e il date-range control si possono impostare sia a livello di pagina che a livello di report. Di default, il filter control è impostato a livello di pagina, ma se si preferisce averlo a livello di report basta selezionare l’opzione MAKE REPORT LEVEL mentre si sta modificando il report.

Vediamo adesso cosa fare per aggiungere al proprio report sia un date-range control che un filter control. Nel primo caso bisogna cliccare sull’icona della data nella barra degli strumenti e disegnare un rettangolo nell’area del report in cui si vuole aggiungere questo date-range control. Successivamente, va selezionato SELECT DATE RANGE nella tabella a destra. Allo stesso modo, nel secondo caso bisogna cliccare sull’apposita icona nella barra degli strumenti e, subito dopo, disegnare un rettangolo nell’area del report in cui si vuole che appaia il filter control. Successivamente si possono selezionare le impostazioni del filtro dal pannello a fianco del report.

Supponiamo di dover creare un report su una Campagna Facebook. Tuttavia, siccome questa campagna è composta da sei campagne differenti, bisogna realizzare sia un report sull’intera campagna, sia i report per le campagne come categorie che i singoli report sulle singole campagne. Cosa si può fare se l’origine dati è un account pubblicitario che contiene al suo interno altre campagne che, quindi, contaminano i nostri dati? Bisogna necessariamente filtrare i dati che vogliamo visualizzare, in modo che il report includa soltanto quelli. A questo punto, vediamo come creare dei filtri usando Filter Manager.

Per filtrare dati e creare gruppi è sufficiente cliccare su RESOURCE nel menu sopra la barra degli strumenti e selezionare MANAGE FILTERS dal menu a tendina.

 

Google Data Studio kpi

 

Poi, nella pagina successiva bisogna cliccare su ADD A FILTER.

 

Google Data Studio pricing

 

Una volta nella pagina denominata CREATE FILTER, bisogna dare un nome a questo insieme di dati e selezionare i parametri che filtreranno il risultato desiderato. Per aggiungere i parametri necessari basta cliccare su OR o AND.

Ipotizziamo di avere bisogno di quattro gruppi di filtri. Il procedimento è il seguente: nominare il primo gruppo, per esempio, CONVERSIONI, inserire l’ID della campagna per ogni campagna di conversione e poi usare OR per unire le varie campagne. Infine, una volta terminato il tutto, salvare il filtro. Subito dopo, bisogna ripetere questo stesso procedimento per gli altri gruppi. Fatto ciò, si può applicare questo filtro a ogni grafico o tabella disponibile. Bisogna, semplicemente, cliccare prima sull’elemento al quale si vuole legare uno specifico filtro e poi su ADD A FILTER dalla tabella in cui c’è scritto DATA. Una volta scelto il filtro desiderato, l’elemento selezionato mostrerà solo i dati corrispondenti a quel filtro.

Come usare Google Data Studio in modo strategico

Per usare al meglio Google Data Studio, è necessario premunirsi di una buona strategia e avere delle basi di web Analytics. Infatti bisogna sapere in anticipo quali dati si vogliono mostrare, in quanto presentarli tutti può risultare dispersivo. I report devono riuscire a comunicare in modo narrativo l’impatto che le strategie adottate hanno avuto sugli obiettivi aziendali. Dunque, l’attenzione non deve mai allontanarsi da essi.

Quando si parla di marketing funnel si usa il cosiddetto modello AIDA:

  • Awareness
  • Interest
  • Desire
  • Action

Sebbene questo modello faccia capire come è strutturato il processo di acquisizione dei clienti, non fornisce indicazioni di alcun tipo sul target di riferimento. Si tratta di un modello che non tiene conto del contesto. Senza un contesto e un target precisi, però, è impossibile capire che impatto hanno le attività di marketing sugli obiettivi aziendali. Vale a dire, se portano o meno a dei buoni risultati. Un modello alternativo può essere quello che permette di applicare un approccio data-driven (cioè basato sui dati) alla propria strategia. Vediamo qui di seguito di quali fasi è composto:

  • Awareness
  • Capture
  • Educate
  • Sales

Nella fase di “awareness”, cioè la prima del marketing funnel, un’azienda vuole fare conoscere il proprio brand ai nuovi potenziali clienti. In questo caso, le azioni concrete avranno a che vedere con il content e il social media marketing, ma anche con la pubblicità display. Insomma, tutto ciò che può fare sì che un marchio, da sconosciuto, inizi a crearsi uno spazio nella mente dei futuri consumatori. Nel momento in cui si vuole creare un report si deve fare coincidere ogni azione di marketing con dei KPIs specifici. Solo così si può ottenere un quadro esatto della situazione. Nel caso della brand awareness, i KPIs da tenere in considerazione saranno il traffico arrivato sul sito o sui social, così come le impression generate dalla pubblicità display.

Dopo aver fatto conoscere il proprio brand, un’azienda passa alla seconda fase del marketing funnel: quella del “capture intent”. In questo caso l’obiettivo è quello di incoraggiare i potenziali clienti a volerne sapere di più sui prodotti/servizi offerti. Si punta, quindi, ad instaurare un dialogo più diretto con i consumatori. I modi per fare ciò sono tanti e vanno dall’inserimento di pop-up, nel blog aziendale, attraverso i quali si richiede all’utente di lasciare la propria email, alle call to action sui social media. In questo caso i KPIs da illustrare nel report saranno il numero di nuove email e gli iscritti alle pagine social del brand.

 

Google Data Studio: benefits

 

La fase successiva, cioè la terza, del marketing funnel è quella denominata “educate”. Una volta iniziato il dialogo con i potenziali clienti, il brand deve fare leva sul loro interesse per educarli, sempre più, sui propri prodotti e servizi. Per raggiungere questo obiettivo si possono inviare campioni gratuiti dei prodotti oppure invitare i potenziali clienti ad iscriversi a un webinar. Così facendo la distanza fra i beni o servizi offerti e i consumatori finali sarà ulteriormente ridotta. In un report su questo step del funnel, si può inserire fra i KPIs il numero di iscritti ai webinar.

Infine, vi è la quarta ed ultima fase: quella della vendita o “sales”. In questo step del funnel, i potenziali clienti devono trasformarsi in clienti a tutti gli effetti comprando i prodotti/servizi con cui sono entrati in contatto in precedenza. In questo caso il KPI di riferimento sarà l’aumento del fatturato aziendale.

È consigliabile, prima di utilizzare Google Data Studio, realizzare in un foglio Excel uno schema che includa sia il marketing funnel che i relativi KPIs. Una volta fatto questo, sarà possibile personalizzare all’interno del tool il proprio report e renderlo efficace anche sotto l’aspetto visivo.

 

Google Data Studio e reporting

Come abbiamo potuto vedere, Google Data Studio è un tool davvero utile per chi si occupa di reporting perché permette di creare report efficaci in poco tempo. Grazie ai connettori pre-integrati, i dati vengono automaticamente importati all’interno di Data Studio permettendo la creazione di dashboard dinamiche. Queste ultime offrono una visione immediata e di impatto sull’andamento del business e possono essere assemblate per creare report dettagliati.

Non dimentichiamo, infatti, che il senso di Data Studio è quello di fornire al management di un’azienda, o ai clienti, una visione chiara delle azioni di marketing e dei risultati da esse portati. I numerosi grafici messi a disposizione, così come l’ampia scelta di font e di colori, servono proprio a trasformare i numeri in elementi visivi comprensibili e in grado di semplificare la presa di decisioni. Infine, la facilità di condivisione dei documenti consente di fare avere accesso ai report a chiunque ne abbia bisogno senza, per questo, rischiare che i dati subiscano modifiche indesiderate.

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