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BLACK HAT SEO

Cos’è e quali sono le 10 tecniche vietate dai motori di ricerca

Quando si parla di tecniche illecite Black Hat SEO ci si riferisce a quelle procedure non etiche aventi lo scopo di indicizzare una pagina di un sito o un articolo sui motori di ricerca.

L’aggettivo black hat, utilizzato in generale nel campo informatico (ad esempio black hat hacker), qualifica tutto l’insieme di pratiche illecite che violano linee guida di qualunque tipo ed, alcune volte, anche leggi nazionali.

È inoltre probabile che l’accezione negativa di tale termine derivi dai vecchi film western, in cui i personaggi buoni indossavano di solito un cappello bianco, in inglese “white hat”, mentre i cattivi un copricapo di colore nero.

Ecco anche perché è importante sottolineare che la black hat SEO e le sue strategie manipolative di ranking si distinguono da quelle etiche, definite per l’appunto white hat SEO. Uno strumento molto utile che permette di verificare l’utilizzo costante di tecniche corrette di SEO è costituito dalle linee guida per i webmaster di Google.

Attenersi alle linee guida più aggiornate garantisce un posizionamento delle proprie risorse senza attingere a manipolazioni non consentite. Ecco perchè potresti, inoltre, valutare di diventare un esperto tramite un corso SEO Specialist per evitare di incorrere in errori e penalizzazioni.

In questo articolo scoprirai, in sintesi, quali sono le 10 tecniche di black hat SEO che devi assolutamente evitare.

Cosa sono le tecniche di Black hat SEO?

Sotto il gergo di Black Hat SEO, rientra anche la spesso utilizzata parola “Spamdexing”, la quale non è altro che un sinonimo composto delle parole spam ed indexing. Nello specifico però, la definizione di Black hat SEO, in italiano “cappello nero”, è il far indicizzare una propria risorsa, dagli algoritmi dei motori di ricerca, utilizzando delle tecniche che vanno contro le linee guida di ranking della pagine e senza curarsi dell’esperienza di fruizione dei contenuti da parte dell’utente.

Si desume quindi che tali procedure illecite di black hat SEO, oltre ad essere bandite dal regolamento dei motori di ricerca come quello per i webmaster di Google, prevedono un approccio scorretto a tutto ciò che è inerente al mondo della Search Engine Optimization, ponendo le basi di lavoro orientate esclusivamente al posizionamento in tra i primi risultati in SERP, a prescindere dalla qualità di ciò che si produce.

Ovviamente non è escluso che possa capitare erroneamente di utilizzare tecniche non lecite e magari di ottenere una conseguente penalizzazione non proprio meritata. Ecco perché è fondamentale conoscere molto bene quali sono le metodologie da cappello nero, al fine di far posizionare la propria risorsa senza incorrere a penalizzazioni e valorizzando il più possibile l’esperienza utente.

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10 tecniche di Black Hat SEO assolutamente vietate

Le tattiche vietate di black hat SEO possono influenzare il contenuto o i link. Che siano inerenti all’uno o all’altro caso, è necessario prestare attenzione anche ad una qualunque violazione involontaria o dovuta a distrazioni.

Di seguito la lista di tecniche black hat SEO più note e pericolose:le procedure black hat seo

  1. Cloaking;
  2. Keyword Stuffing;
  3. Doorway;
  4. Nascondere contenuti;
  5. Contenuti di altri siti;
  6. Link Building a pagamento;
  7. Spam nel Rich Snippet;
  8. Contenuti di spam automatici;
  9. Spam generato da utenti;
  10. Backlink dannosi.

Cloaking

La tecnica black hat SEO di cloaking, che tradotto dall’inglese significa “occultare”, agisce mostrando al motore di ricerca una pagina differente rispetto quella mostrata agli utenti reali, al fine di ottenere un’indicizzazione sleale.

Un esempio di cloaking potrebbe essere quello di occultare una propria pagina destinata alla vendita di prodotti in affiliazione, mascherandola con una pagina di confronto di assicurazioni per auto.

In questo modo, quindi, il motore di ricerca indicizza il secondo tipo di pagina, ossia quella di “copertura”, mentre l’utente che accede alla pagina, si trova davanti un qualcosa di assolutamente non pertinente al suo search intent, ossia la pagina di vendita sopra indicata.

Keyword Stuffing

Un esempio di black hat SEO che prevede un utilizzo scorretto delle parole chiave è il “Keyword Stuffing”. Questa procedura consiste nell’ inserire, in un articolo o una pagina, un numero spropositato di parole chiave, spesso in maniera decontestualizzata o ridondante, al fine di far indicizzare come risultato migliore la propria risorsa.

Tale procedura di black hat SEO prevede anche l’inserimento di liste di città o regioni o numeri di telefono, al fine di ottenere un’indicizzazione in ogni luogo di provenienza degli utenti.

Risulta ovvio però che tale manipolazione dei contenuti fornisce una user experience pessima e frustrante e con conseguente penalizzazione da parte di Google per tale tipo di Spamdexing.

Doorway

Per Doorway s’intende, invece, la tattica illecita di black hat SEO che consiste nel creare e fare indicizzare pagine che hanno come unico scopo quello di reindirizzare l’utente verso un’altra pagina che si vuole venga visitata.

Fare indicizzare quindi una pagina Doorway, saturandola con moltissime parole chiave diverse tra loro, fa sì che quest’ultima compaia tra i primi risultati in SERP per tanti tipi diversi di query, ma l’utente che ci clicca sopra viene reindirizzato ad un’altra pagina di interesse del creatore scorretto.

Nascondere contenuti

I contenuti nascosti (o hidden content), se non utilizzati in ottica black hat SEO e al fine di ottimizzare l’esperienza dell’utente, non vengono penalizzati dai motori di ricerca.

Ad esempio, se si utilizzano contenuti nascosti all’utente, che diventano visibili a quest’ultimo in seguito ad un suo clic, al fine di fargli ottenere delle informazioni aggiuntive su un determinato prodotto o servizio, tale utilizzo di hidden content è corretto e la tecnica rientra tra quelle definite come white hat SEO.

Se si sceglie invece di nascondere contenuti o parole chiave al fine di migliorare il posizionamento di una pagina, si parla di procedura black hat SEO.

Alcune modalità illecite comuni nell’utilizzo di contenuti nascosti, consistono nell’usare testi dello stesso colore dello sfondo oppure con attributo di dimensione uguale a zero.

Contenuti di altri siti

Pubblicare contenuti riciclati e/o parafrasati di altri siti, per giunta senza migliorare l’esperienza dell’utente con l’aggiunta di ulteriori informazioni, è una pratica di black hat SEO pericolosa e di conseguenza penalizzata dai motori di ricerca.

Con i software anti-plagio presenti sul web è possibile individuare facilmente se il testo è originale o se l’autore abbia commesso una violazione. Dunque, un professionista SEO che vuole adoperare tecniche etiche di SEO white hat, deve produrre contenuti originali o comunque perfezionare l’esperienza dell’utente aggiungendo elementi che migliorino o aggiornino le informazioni già disponibili in rete.

Nei casi di SEO black hat in cui dovesse verificarsi anche una violazione di copyright, come indicato dalla Legge n. 633/1941, si tratterebbe anche di un illecito dal punto di vista legale.

Link building a pagamento

Una risorsa il cui link viene menzionato su altri siti è un chiaro esempio di qualità dei contenuti. Il valore aggiunto subentra a maggior ragione quando, ad esempio, una risorsa possiede link in entrata da siti particolarmente noti ed autorevoli in un determinato campo.

tecniche black hat seoEcco perché i fattori di ranking dei motori di ricerca come Google, premiano la presenza di link che conducano ad una nostra pagina/articolo.

Il problema sorge quando però avviene una vera e propria compravendita o scambio non virtuoso di link, con lo scopo di barare ed ottenere un ranking di pagina più elevato. Si tratta quindi chiaramente di procedure riconducibili ad una SEO black hat.

Un occhio di riguardo va posto anche all’utilizzo sconsiderato degli anchor text. Se si abusa infatti di questa procedura di editing della propria risorsa producendo link interni o esterni, si riceverà una penalizzazione da parte dei motori di ricerca, alla stregua di qualunque altra tecnica di black hat SEO.

Si deduce quindi che la presenza massiccia e decontestualizzata di link verso altre pagine e viceversa, costituisce per gli algoritmi di ranking, una vera propria violazione delle linee guida e bisogna starne alla larga se si vuole avere una indicizzazione corretta e basata su principi etici di SEO.

Spam nel Rich Snippet

Allo scopo di fornire una migliore esperienza all’utente e di conseguenza l’opportunità di generare maggiore traffico verso il proprio sito, Google consente di impostare i dati strutturati (che favoriscono la creazione dei Rich Snippet).

Indicando nella propria risorsa, tramite la cosiddetta procedura di mark-up, elementi di particolare rilievo, si aiuta l’algoritmo dei motori di ricerca a comprendere al meglio il contenuto della propria risorsa e a produrre un rich snippet idoneo ed accattivante.

Abusare di tale procedura e creare rich snippet non coerenti con la propria pagina, o addirittura creare pagine povere di contenuti con il solo scopo di effettuare il mark-up per i contenuti strutturati, costituisce una procedura ingannevole di black hat SEO.

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Contenuti di spam automatici

La pubblicazione di risorse costituite da contenuti generati in maniera automatica, che magari parafrasano o uniscono concetti di altri articoli e pagine provenienti dal web, costituisce un esempio di creazione di materiale di scarsa qualità.

Tale tecnica può ricordare molto quella della pubblicazione di contenuti di altri siti, ma in questo caso si utilizzano dei software in grado di produrre testi automaticamente. Tali testi vengono definiti però come contenuti spam e la loro pubblicazione è sconveniente per diverse motivazioni, tra cui quelle citate nei paragrafi precedenti.

Inoltre, poiché l’obiettivo principale di motori di ricerca come Google è quello di fornire la migliore esperienza possibile per l’utente, ne consegue che i contenuti di bassa caratura sono fortemente penalizzati dagli algoritmi di ranking, con conseguente categorizzazione sotto la black hat SEO.

Spam generato da utenti

Procedere ad una oculata gestione del proprio sito è fondamentale se non si vogliono ricevere ingiuste penalizzazioni. È il caso, ad esempio, di quando vi è l’intervento a scopi illeciti di utenti che generano contenuti spam.

Può capitare infatti che utenti malintenzionati registrati al nostro sito possano inserire, sia all’interno di commenti che di thread di forum, contenuti spam e link a siti malevoli. Trascurare tali tipi di abusi comporta ad una penalizzazione delle pagine, nonostante non sia il proprietario il diretto responsabile di tali violazioni di black hat SEO.

Backlink dannosi

Un’altra causa di penalizzazione la cui responsabilità non è riconducibile al proprietario del sito malcapitato, è la presenza dei backlink dannosi.

Alcuni competitor sleali potrebbero utilizzare infatti le procedure di penalizzazione dei motori di ricerca a loro vantaggio, facendo in modo che siti con contenuti malevoli o con forti penalizzazioni in atto siano linkati alle nostre pagine.

Il collegamento a tali tipologie di siti web abbassa inevitabilmente il ranking di pagina, causando un subdolamente un danno di rilievo e facendo in modo che la risorsa venga indicizzata dai motori di ricerca come se fosse stata creata secondo tecniche di black hat SEO.

Ecco perché è fondamentale utilizzare tools di controllo dei backlink e, nel caso in cui si dovessero scoprire elementi dannosi, utilizzare la funzione di disavow, al fine di annullare il link.

Gli svantaggi della Black Hat SEO

Ottimizzare un sito con tecniche black hat SEO, oltre ad avere una forte nota non etica, ha chiaramente delle conseguenze che pregiudicheranno il ranking di una pagina.

Motori di ricerca tipo Google, infatti, penalizzano fortemente l’utilizzo di qualsivoglia tecnica SEO scorretta, facendo naufragare inesorabilmente ogni progetto di indicizzazione volto a primeggiare nella SERP.

Tale tendenza di premiare l’alta qualità dei contenuti a discapito dei contenuti spam è coerente con la policy storica di Google, che da sempre ha seguito una direzione user-oriented. È infatti noto come Google, nel corso dei suoi numerosi upgrade, abbia sempre di più ottimizzato il suo algoritmo di ranking al fine di posizionare ai primi posti, nella pagina dei risultati, le risorse che meglio collimassero con il reale search-intent dell’utente e fornissero l’esperienza di fruizione dei contenuti ideale.

Gli svantaggi della black hat SEO sono quindi principalmente dati da penalizzazioni che vanno dal de-ranking nella SERP ad, addirittura, l’esclusione dalla lista di ranking. Tali conseguenza potrebbero essere sufficienti ad incentivare l’utilizzo delle etiche tecniche di ottimizzazione white hat.

Una nota di riguardo alle tecniche border-line tra white hat e black hat SEO va fatta, poiché esistono le cosiddette tecniche definite come Grey Hat SEO. Queste non presentano una netta linea di demarcazione poiché sono sia non totalmente aderenti alle linee guida dei motori di ricerca, sia costituite da tratti etici.

È quindi fondamentale tener presente, in quanto professionista digitale e in particolare della SEO, che l’utilizzo di tali tecniche deve essere effettuato in maniera estremamente oculata e che in ogni caso Google è in costante aggiornamento per affinare ogni metodologia volta alla completa eradicazione di tutto ciò che non rientra sotto il cappello bianco.

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Conclusioni e Consulenza Gratuita

Da come hai potuto leggere in questo articolo, far indicizzare una propria risorsa dagli algoritmi dei motori di ricerca è una pratica che va eseguita tenendo ben presente tutto ciò che è ammesso dalle linee guida dei search engines.

Avere infatti come criterio principale dei propri progetti l’esperienza dell’utente e la qualità dei contenuti è fondamentale per agire sempre da professionisti digitali di livello elevato. Allontanarsi da tutte le azioni da cappello nero quindi, oltre a dare credibilità al proprio operato, permette di ottenere una concreta crescita professionale e una carriera solida e duratura.

Questa professione è senza dubbio affascinante e propone quotidianamente sfide che contribuiscono ad un costante miglioramento delle proprie abilità nel settore del digital marketing, unito ad una mole notevole di soddisfazioni. Tutto ciò ovviamente richiede impegno, volontà di aggiornarsi ed una forte passione.

Dunque, se mentre scrivevi i tuoi contenuti ti sei chiesto almeno una volta quali di queste è una tecnica di Black Hat SEO e vuoi capire come intraprendere un percorso formativo per non incorrere inconsapevolmente in penalizzazioni, richiedi una Consulenza di Carriera Gratuita per confrontarti con un esperto del settore.

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